di GIORGIA GRIFONI

Roma, 15 maggio 2012, Nena News -“Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente”, sostiene la maggior parte degli intellettuali e dei politici del mondo. “Mai, tra gli stati arabi vicini, si potrà ritrovare una legislazione che tuteli i diritti civili delle minoranze come nello stato ebraico”, aggiungono i simpatizzanti dei diritti umani. E ancora “gli arabi israeliani sono cittadini al pari degli ebrei: possono votare e sono rappresentati in Parlamento”. Non possono, però, organizzare eventi negli istituti pubblici nel loro giorno più significativo: la Nakba, la “catastrofe” della perdita della Palestina e dell’esilio di centinaia di migliaia di persone. Se lo fanno, gli istituti pubblici possono incorrere in una multa o nella riduzione del budget. Tutto questo perché, sul calendario, le celebrazioni della Nakba seguono di un giorno quelle dell’indipendenza dello Stato di Israele, ovvero la sua fondazione il 14 maggio 1948.
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La ‘legge sulla Nakba’ è stata promulgata dalla Knesset nel marzo del 2011. E’ una creatura del partito ultranazionalista Yisrael Beitenu ed è stata presentata nel 2009 dal parlamentare Alex Miller. La versione originale prevedeva che qualsiasi persona celebrasse la Nakba come giorno di lutto sarebbe finita in carcere. Dopo molte proteste e vari emendamenti, si è arrivati alla versione ‘più dolce’ odierna, che punisce i comuni, le organizzazioni o gli istituti pubblici “che abbiano effettuato un pagamento per un evento o un’azione che mini l’esistenza di Israele come stato ebraico e democratico, violi i simboli dello stato o contrassegni la data della fondazione di Israele come un giorno di lutto”. Dal momento che le due celebrazioni avvengono con un giorno di distanza, il parlamentare David Rotem, sempre di Yisrael Beitenu, ha suggerito che il giorno di lutto non deve necessariamente coincidere con quello dell’indipendenza: qualsiasi riferimento alla Nakba fatto durante l’anno può quindi rientrare nell’ambito della legge. Un emendamento che è entrato a far parte della versione finale del provvedimento.

Alcune organizzazioni, tra cui l’Associazione per i diritti civili in Israele (Acri), il Centro legale per la minoranza araba in Israele (Adalah) avevano rappresentato i genitori di cinque alunni della scuola mista arabo-ebraica ‘Galil’, in Galilea, presso l’Alta corte di giustizia israeliana. Alla petizione contro la legge si erano uniti una Ong di ex-allievi della scuola araba ortodossa di Haifa e il professor Oren Yiftachel dell’Università Ben Gurion di Tel Aviv. Il 5 gennaio scorso la Corte ha rifiutato la richiesta delle associazioni, in quanto la legge non è ancora “matura, mancando un fatto concreto necessario per sostenere le richieste della petizione”. Interrogato sulla costituzionalità della legge in questione, il consigliere legale della Knesset Eyal Yinon aveva risposto in modo affermativo, in quanto “la legge non impedisce in nessun modo ai singoli la libertà di parola, né quella di commemorare il giorno a cui gli Arabi israeliani e i Palestinesi chiamano Nakba”.
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Il giorno della catastrofe è celebrato da sempre dai palestinesi rimasti all’interno delle frontiere del ‘48. Dopo la fondazione dello stato di Israele, il ricordo dell’esilio è stato per alcuni anni una commemorazione a livello familiare o comunale, con gli abitanti dei vari villaggi che si recavano silenziosamente sul luogo della loro casa perduta. Nel 1958 si tennero alcune marce organizzate da alcuni studenti arabi bloccate dalle autorità israeliane. Dopo gli eventi del 1976 che hanno marcato il “Giorno della terra”, le marce verso i villaggi distrutti nel ’48 si fecero sempre più assidue. Nel 1991, dopo il fallimento della Conferenza di Madrid, l’Associazione per la Difesa dei diritti delle persone dislocate internamente organizzò la prima “Marcia del Ritorno”. Nei territorio occupati, invece, il giorno delle celebrazioni della Nakba fu istituito da Yasser Arafat nel 1988.

Dopo la cancellazione di ogni riferimento alla dispersione palestinese nei libri di testo scolastici israeliani, la legge sulla Nakba aggiunge un tassello in più al tentativo di affossare la storia e la cultura palestinese in quello che oggi è lo Stato di israele; come se prima del 1948, a parte qualche sparuta moshav, su quella terra non ci fosse davvero nulla. Gli alunni palestinesi cittadini di Israele vedranno sfumare ogni possibilità di poter partecipare, a scuola, a un evento con un alto valore educativo, oltre che sentimentale. Stessa cosa verrà impedita ai bambini ebrei, che perderanno così la possibilità di conoscere un po’ più a fondo “l’altro”. Ma, dopotutto, come ha ricordato il parlamentare David Rotem poco prima della votazione finale della legge, “visto che siamo in guerra contro un duro nemico,promulgheremo leggi che gli impediscano di ferirci”. Nena News