AIC – Alternative Information Center
10.09.2012
http://www.alternativenews.org/english/index.php/news/opinion/5234-economic-is-political-palestinians-know-why-they-are-protesting.html
Economia è politica: i palestinesi sanno perché protestano.
Il popolo palestinese sa esattamente perché sta protestando. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il deterioramento della situazione economica di un sempre maggiore numero di famiglie palestinesi: tuttavia, i palestinesi scendono in piazza per ragioni politiche: Loro lo sanno, ma la comunità internazionale lo capisce?
di Ahmad Jaradat
Non è strano per i palestinesi che la loro tragica e difficile situazione sia legata alla particolare vita sotto l’occupazione israeliana: è l’occupazione che va considerata la principale responsabile della crisi palestinese: non è nuovo neppure il fatto che gli Accordi di Oslo, compreso il Protocollo per le Relazioni Economiche (il cosiddetto Protocollo di Parigi, firmato dall’OLP e Israele nell’aprile 1994) siano una delle più gravi limitazioni allo sviluppo palestinese. Il Protocollo di Parigi permette a Israele di continuare a controllare la vita economica palestinese.
Le proteste di sabato a Betlemme (Foto: Maria Sevillano, AIC)
Quando l’attuale movimento di protesta popolare contro l’aumento del costo della vita è cominciato, la scorsa settimana, in tanti hanno chiesto al premier Salam Fayyad di dimettersi. In quel momento, il presidente Abbas – parlando dal Cairo – ha espresso il suo incoraggiamento per i movimenti sociali palestinesi e il suo sostegno alle richieste popolari. Inoltre, Abbas ha aggiunto che la “Primavera palestinese” era cominciata.
In risposta alle richieste di dimissioni, Fayyad ha fatto un’importante dichiarazione: “Non sono responsabile per gli accordi economici di Parigi”.
E’ chiaro, quindi, anche a Fayyad che la crisi finanziaria in Palestina è prima di tutto una crisi politica. E’ chiaro, inoltre, che questa crisi economico-politica è dovuta principalmente agli accordi firmati tra l’OLP e Israele, compreso il Protocollo di Parigi e quello di Hebron, che divide la città di Hebron in due aree: H1 e H2. Hebron è così l’unica città divisa al mondo nella quale i suoi abitanti, in conseguenza di un accordo, vivono nel pericolo fisico di aggressioni.
Fayyad non ha detto nulla di nuovo ai palestinesi quando ha puntato il dito contro gli accordi di Parigi. Il Protocollo è ben noto in Palestina perché subordina l’economia palestinese all’occupazione israeliana: Davvero raramente è successo nella storia che un movimento nazionale di liberazione fornisse un simile vantaggio all’occupante della sua terra! E per vent’anni questo “scherzo” è proseguito, sebbene la realtà sia forte e chiara: una simile situazione non porterà a nessun tipo di libertà o di sviluppo per il popolo palestinese, che resta sotto la crescente occupazione israeliana.
L’attuale crisi e le numerose crisi che i palestinesi hanno affrontato negli ultimi vent’anni sorprendono solo coloro che tentano di non vedere la realtà e ignorano un fatto fondamentale: non c’è sviluppo sotto occupazione.
Se si ascoltano gli slogan delle manifestazioni attraverso la Cisgiordania negli ultimi due giorni, si capisce che la gente ha ben compreso le ragioni della sua sofferenza: Molti slogan chiedono l’annullamento degli accordi di Parigi, le dimissioni del governo palestinese e del premier Fayyad, il cui nome è legato a doppio filo alla comunità dei finanziatori internazionali, alle politiche neo-liberali e all’economia palestinese.
Due manifestazioni si sono tenute domenica a Ramallah, una organizzata dai “Giovani contro le Tasse” e l’altra dagli autisti della città: Entrambe hanno chiuso la piazza centrale, Manara, chiedendo sia al premier Fayyad che al presidente Abbas di dimettersi. E’ stata la prima volta, in questa ondata di manifestazioni, che si colpisce anche Abbas.
Molte azioni e attività sono già state pianificate per la prossima settimana, la protesta continua ad allargarsi. In particolare per quanto riguarda gli impiegati pubblici dell’AP che non hanno ancora ricevuto lo stipendio e che non sanno se lo riceveranno.
I manifestanti, domenica, hanno anche chiesto che i rappresentanti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, rappresentanti riconosciuti di tutto il popolo palestinese, prendano seriamente le proprie responsabilità: E’ una chiara domanda politica che nasce dalla situazione economica.
(tradotto da Palestina Rossa – AIC)