The Electronic Intifada.net
20.04.2013
Quando la negazione dell’esistenza dei palestinesi diventa genocidio.
Dopo sessantacinque anni, il Presidente israeliano Shimon Peres nega ancora l’esistenza della popolazione indigena della Palestina.
di Ilan Pappe
In una regale intervista concessa alla stampa israeliana in occasione del Giorno dell’Indipendenza dello stato, l’attuale Presidente Shimon Peres ha dichiarato quanto segue:
“Mi ricordo come tutto è cominciato. L’intero stato di Israele è un millimetro di tutto il Medio Oriente. Un errore statistico, terra sterile e insoddisfacente , paludi a nord, deserto a sud, due laghi, un fiume morto e sopravvalutato. Nessuna risorsa naturale a parte la malaria. Non c’era nulla qui. E ora abbiamo la migliore agricoltura del mondo? Questo è un miracolo: una terra costruita da un popolo”. (Ma’ariv 14 aprile 2013)
Questo racconto inventato, esternato dal primo cittadino e portavoce di Israele, mette in evidenza quanto la narrazione storica faccia parte della presente realtà. Questa impunità presidenziale riassume la realtà alla vigilia della 65° commemorazione della Nakba, la pulizia etnica e storica della Palestina. A 65 anni di distanza, Il fatto inquietante non è che la figura principale del cosiddetto stato ebraico e per quanto riguarda ciò quasi tutti i neoeletti che fanno parte del governo e del parlamento, sottoscrivano tali opinioni. La realtà preoccupante e gravosa è l’immunità globale data a tale impunità.
La negazione di Peres dei palestinesi nativi e il suo rivendere nel 2013 il mito di una terra senza un popolo, rivelano la dissonanza cognitiva in cui vive: egli nega l’esistenza di quasi dodici milioni di persone che vivono nel paese cui appartengono o nelle sue vicinanze. La storia dimostra che le conseguenze umane sono terribili e catastrofiche quando persone potenti, a capo di organizzazioni potenti qual’è uno stato moderno, negano l’esistenza di un popolo che è moltissimo presente.
Questa negazione c’era all’inizio del sionismo e portò alla pulizia etnica del 1948. E c’è oggi, con la possibilità portare a disastri simili in futuro – a meno che non sia bloccata immediatamente.
Dissonanza cognitiva
Gli autori della pulizia etnica del 1948 furono i coloni sionisti che arrivarono in Palestina, come l’originario dalla Polonia Shimon Peres, prima della Seconda guerra Mondiale. Essi negarono l’esistenza della popolazione nativa che incontrarono, che viveva lì da centinaia di anni, se non di più. Al momento i sionisti non detenevano il potere di risolvere la dissonanza cognitiva che sperimentavano: la loro convinzione era che fosse una terra senza un popolo nonostante vi fosse la presenza di così tanta gente nativa.
Risolsero quasi la dissonanza quando nel 1948 espulsero quanti più palestinesi poterono – e ne venne lasciata all’interno dello stato di Israele solo una esigua minoranza.
Ma l’avidità sionista per il territorio e la convinzione ideologica di aver bisogno di ancor più Palestina per avere uno stato ebraico vitale, portò a incessanti progetti e infine a interventi per estendere lo stato.
Con la creazione della “Grande Israele”, dopo la conquista della West Bank e di Gaza nel 1967, la dissonanza ricomparve. Tuttavia, questa volta la soluzione non avrebbe potuto essere risolta facilmente dalla forza della pulizia etnica. Il numero dei palestinesi era maggiore, il loro comportamento deciso e il movimento di liberazione erano presenti con forza sul terreno, e anche gli attori più cinici e tradizionalmente filo-israeliani sulla scena internazionale ne riconoscevano l’esistenza.
La dissonanza venne risolta in modo diverso. La terra senza un popolo era qualsiasi parte della grande Israele, che lo stato desiderava ebraicizzare entro i confini pre-1967 o annettere dai territori occupati nel 1967. La terra con un popolo era nella Striscia di Gaza, in alcune enclave della West Bank, cosi come all’interno di Israele. La terra senza un popolo è destinata a espandersi in modo crescente nel futuro, causando la riduzione del numero delle persone come diretta conseguenza di questa invasione delle proprietà altrui.
Pulizia etnica in incremento
Questo incremento della pulizia etnica è difficile notare a meno che non la si contestualizzi come un processo storico. Il nobile tentativo da parte di persone e gruppi più responsabili in Occidente e all’interno di Israele di concentrarsi sul qui e ora – quando si tratta delle politiche di Israele – è destinato a essere indebolito dalla contestualizzazione sul presente e non da quella storica.
Paragonare la Palestina ad altri luoghi è sempre stato un problema. Ma con la realtà sanguinaria in Siria, Iraq e altrove, diventa una sfida ancor più grande. L’ultimo blocco, l’ultimo arresto politico, l’ultimo assassinio di un giovane sono crimini orribili, ma nulla in confronto ai luoghi di sterminio vicini o lontani o alle aree di colossali atrocità.
Narrativa criminale
Il confronto è molto diverso quando viene visto in modo storico ed è in tale contesto che dovremmo capire la criminalità della narrativa di Peres che è orribile quanto l’occupazione – e virtualmente di gran lunga peggiore. Per il presidente di Israele, premio Nobel per la Pace, non c’erano assolutamente palestinesi prima che lui intraprendesse il processo di Oslo nel 1993 – e quando lo fece, essi erano solo coloro che vivevano in una piccola porzione della West Bank e della Striscia di Gaza.
Nel suo discorso ha già eliminato la maggior parte dei palestinesi. Se non esistevi quando Peres venne in Palestina, di certo non esisti nel 2013 ora che lui è il presidente. Tale eliminazione è il punto in cui la pulizia etnica diventa genocidio. Quando sei eliminato dai libri di storia e dai discorsi dei politici ad alto livello, c’è sempre il pericolo che il prossimo tentativo potrebbe essere la tua eliminazione fisica.
E’ successo prima. I primi sionisti, tra cui l’attuale presidente, hanno parlato di trasferimento dei palestinesi molto prima che se ne disfacessero effettivamente nel 1948. Questa idea di una Palestina de-arabizzata si ritrova in ogni diario sionista, periodico e conversazione intima fin dall’inizio del 20° secolo. Se si parla di inesistenza laddove c’è abbondanza, può essere ignoranza volontaria. Ma se si parla di inesistenza, come immagine o realtà innegabile, è solo una questione di forza e di opportunità prima che l’immagine divenga realtà.
La negazione continua
L’intervista di Peres alla vigilia della 65° commemorazione della Nakba non è agghiacciante perché legittima ogni atto di violenza contro i palestinesi, ma perché i palestinesi sono scomparsi del tutto dall’ammirazione autocelebrativa per la conquista sionista della Palestina. E’ sconcertante apprendere che i primi sionisti hanno negato l’esistenza dei palestinesi quando sono arrivati, nel 1882, ma è ancora più scioccante scoprire che la negano – al di là di sporadiche comunità ghettizzate – nel 2013.
Nel passato la negazione ha preceduto il crimine – un crimine che è riuscito solo in parte, ma per il quale gli autori non sono mai stati assicurati alla giustizia. Ciò lo si deve probabilmente al fatto che la negazione continua. Ma questa volta non è in gioco l’esistenza di centinaia di migliaia di palestinesi, ma quella di quasi sei milioni che vivono dentro la Palestina storica e altri cinque milioni e mezzo che si trovano fuori della stessa.
Si potrebbe pensare che solo un pazzo può ignorare milioni e milioni di persone, molte delle quali sono sotto il suo controllo militare o di apartheid mentre lui in modo energico e spietato impedisce il ritorno dei restanti nella loro patria. Ma quando il pazzo riceve le migliori armi dagli Stati Uniti, premi Nobel per la Pace da Oslo e un trattamento preferenziale da parte dell’Unione Europea, ci si stupisce di quanto seriamente dovremmo prendere i riferimenti occidentali ai leader dell’Iran e della Corea del Nord come di folli e pericolosi?
Pazzo lunatico, a quanto pare, in questi giorni lo si associa al possesso di armi nucleari in mani non occidentali. Ebbene, anche su questo punto il pazzo locale in Medio Oriente supera il test. Chissà, forse nel 2014 non sarebbe la dissonanza cognitiva di Israele a dover essere risolta, bensì quella occidentale: come conciliare una posizione universale dei diritti umani e civili con la posizione di favore che Israele in generale e Shimon Peres in particolare godono in Occidente?
(tradotto da mariano mingarelli)