Tayba Checkpoint - Un incubo quotidiano per i lavoratori palestinesi

PM – Palestine Monitor
18.07.2013
http://palestinemonitor.org/details.php?=f8p56ja4752y3or9n4j3b

 

Tayba checkpoint – Un incubo quotidiano per i lavoratori palestinesi.

 

Il chackpoint di Tayba nella città nord occidentale di Tulkarem, nei Territori Occupati della Palestina, è uno dei principali valichi per i lavoratori palestinesi per entrare in Israele. E’ il punto d’accesso per i lavoratori dei distretti di Tulkarem, Nablus e Jenin. Tra i 5.000 e i 7.000 palestinesi entrano ogni giorno in Israele attraverso il checkpoint di Tayba per raggiungere i loro posti di lavoro. L’attraversata può allungare il quotidiano pendolarismo dei lavoratori palestinesi ad un massimo di sei ore, tra l’andata e il ritorno dal lavoro. 

di Tadas Blinda

Il Palestine Monitor ha incontrato l’équipe dell’EAPPI (The Ecumenical Accompaniment Programme in Palestine and Israel) di Tulkarem per unirsi loro nel monitoraggio settimanale al checkpoint di Tayba del 7 luglio. Dopo essersi alzata alle 03:30 di notte, l’équipe dell’EAPPI si è precipitata in un taxi per giungere al valico prima delle 04:00 di mattina quando è previsto che apra.
                                
I lavoratori palestinesi procedono lungo un percorso chiuso in una gabbia che porta al checkpoint di Tayba.

 

Al nostro arrivo, i dintorni del posto di controllo erano già occupati da taxi e da bus collettivi che offrivano un passaggio alla gente. Dopo aver attraversato un souq dell’arrangiarsi (a cielo aperto), dove i lavoratori possono fare colazione e tra le altre cose bere la tazzina di caffè della mattina, siamo stati testimoni delle centinaia di persone già allineati per passare sul lato opposto in Israele. Alcuni palestinesi arrivano prima delle 3:00 di notte per giungere al lavoro in Israele in tempo
                                   
                     Lavoratori palestinesi aspettano in fila l’apertura del checkpoint.

Dato che era ormai prossimo il momento dell’apertura del cancello, tra due pareti di cemento armato si ammassavano sempre più persone in fila. I lavoratori devono seguire, compressi, un percorso zig-zagante in una ‘gabbia’ recintata prima di giungere al cancello girevole di metallo che conduce al posto di controllo. 

Un gruppo di donne è stato in fila fuori dalla ‘gabbia’ in attesa dell’apertura del cancello per sole donne. Questo ingresso è proprio accanto al cancello girevole, tanto da permettere il passaggio delle donne attraverso il checkpoint senza dovere stare in fila con gli altri uomini. Resta aperto solo per 4 minuti prima dell’apertura ufficiale del cancello alle 4:00 di mattina. Le donne che arrivano poco dopo le 4:00 sono costrette a unirsi alla folla degli uomini in attesa di passare in Israele. 

Il checkpoint di Tayba non è gestito dai militari israeliani, ma piuttosto da una società di sicurezza privata. Ci sono 14 cabine all’interno del posto di controllo che gestiscono le migliaia di persone che lo attraversano tutti i giorni per recarsi in Israele. Secondo l’EAPPI, di solito di aperte ce ne sono solo poche, con conseguenti file enormi e frustrazione per i lavoratori. A volte, questa frustrazione scatena dei contrasti tra i lavoratori, che rischiano la perdita del lavoro se i ritardi al checkpoint impediscono loro di arrivare in tempo al lavoro. 

In questa particolare domenica, la situazione non sembra così male e la gente attraversa il posto di controllo senza problemi. Più tardi abbiamo scoperto che, quel giorno, erano aperte 7 cabine su 14. L’équipe dell’EAPPI ha riferito al Palestine Monitor che questo è il numero più alto riscontrato da quando hanno iniziato il monitoraggio del checkpoint più di due mesi fa. Se almeno metà delle cabine fossero aperte potrebbe venir risolto il problema dei lunghi ritardi, ma raramente questo è il caso.
                           
Palestinese si appoggia alla barriera di recinzione mentre è in attesa di entrare nel checkpoint di Tayba. 

“Il problema non sta qui (all’esterno del posto di controllo), è dentro. A volte, mi ci vogliono due ore per fare 50 metri,” ha riportato al Palestine Monitor Bilal, uno dei tanti operai che sono in viaggio per andare a lavorare in Israele. 

Molti palestinesi scelgono di lavorare in Israele in quanto la paga è circa il doppio di quella nella West Bank. Peraltro, molti palestinesi hanno perso il lavoro a seguito delle attuali politiche israeliane di chiusura e le restrizioni al movimento dei palestinesi hanno colpito gravemente l’economia della regione. 

“Non ho possibilità di scelta, qui non riesco a trovare un lavoro per cui devo andare a lavorare in Israele, così posso sfamare la mia famiglia,” ha affermato Mahmoud , operaio edile in Israele. 

Molte persone impiegano ogni giorno da cinque a sei ore di viaggio da/ per il luogo di lavoro per cinque giorni la settimana. I palestinesi ottengono i permessi di lavoro a condizione che alla fine di ogni giorno ritorneranno nella West Bank altrimenti rischieranno di perdere il permesso di lavoro, e spesso unica fonte di reddito per la famiglia. Domenica 7 luglio, per entrare in Israele, sono passati attraverso il posto di blocco di Tayba 5.000 persone, comprese 100 donne. 

(tradotto da mariano mingarelli)