Mondoweiss
27.09.2013
http://mondoweiss.net/2013/09/international-infrastructure-palestinians.html
Nonostante gli sforzi internazionali per costruire infrastrutture vitali, militari e coloni israeliani allontanano a forza i palestinesi da un villaggio della West Bank.
di Esther Kwan
Il calore e la polvere del clima desertico grava su chi che se ne va a giro nei sobborghi di Akraba, una cittadina palestinese nel nord della West Bank. Pochi segni di vita possono individuarsi in mezzo al terreno roccioso. Mohammad – un abitante da lunga data del territorio e nostra guida locale – punta su di una macchia di verde nel paesaggio arido del deserto. Abbiamo proceduto attraverso la valle fino a che il pieno stupore di rigogliosi alberi di melograno e di limone ci invita ad Abo Dawa.
Ci si sarebbe potuti non accorgere facilmente di questa oasi verde, se non fosse per i pannelli solari in evidenza che sono appollaiati con aria di sfida sul versante della valle. L’anacronismo non avrebbe potuto essere più netto: le celle voltaiche del 21° secolo che cercano di raccogliere le radiazioni elettromagnetiche del sole accompagnate dalla dipendenza degli alberi da frutto dalla sorgente d’acqua nelle vicinanze. Anche se a prima vista l’accostamento può sembrare contraddittorio è chiaro che esse sono fonte di orgoglio per i contadini palestinesi: la capacità di vivere della terra e delle sue risorse naturali.
Anche in un momento di crisi economica mondiale, i donatori stranieri stanno sviluppando metodi per rilanciare l’economia nella West Bank, con l’agricoltura e lo sviluppo rurale come componente focale dei loro obiettivi strategici nella West Bank. Come tale, l’Agenzia Spagnola per la Cooperazione e lo Sviluppo ha finanziato l’installazione di sistemi solari di microgriglie centralizzate nelle comunità isolate della West Bank per migliorare la qualità della loro vita.
Abo Dawa è una di queste comunità che ha beneficiato dei pannelli solari finanziati dagli spagnoli. Attualmente la comunità dispone di 21 pannelli solari e di un vano per la batteria installata che fornisce energia elettrica per le pompe d’acqua che irrigano gli alberi da frutto di Mohammad. La possibilità di irrigare la sua terra è di vitale importanza, spiega Mohammad, visto che gli alberi da frutto sono la sua principale fonte di reddito.
La microgriglia facilita indubbiamente la vita dei palestinesi di Abo Dawa, ma rappresenta pure un’affermazione politica dato lo scenario ripartito della West Bank. Abo Dawa si trova in Area C – una zona sotto il completo controllo militare israeliano – e viene dichiarata zona militare chiusa. Come sottolinea Mr. Carlos Sordo, responsabile del progetto della microgriglia, “Abo Dawa è stata scelta come sede del progetto di microgriglia, perché gode di risorse idriche naturali ed è collocato in una zona rurale isolata della West Bank.“ L’aiuto dei pannelli solari fornisce quindi un incentivo aggiuntivo ai palestinesi per rimanere sulla loro terra.
Nonostante la forte volontà dei suoi contadini palestinesi, Abo Dawa è sotto costante minaccia delle violenze perpetrate dai coloni israeliani. L’unico crimine della comunità è quello di trovarsi in prossimità della colonia di Itamar, la conseguente punizione consiste nel fatto che il bestiame palestinese è preso di mira e gli alberi da frutto vengono spesso distrutti, paralizzando così una sorgente fondamentale di reddito. La loro situazione delicata è aggravata dal loro isolamento fisico dalle circostanti comunità palestinesi. Senza strade di accesso per i veicoli – occorre un’escursione di una mezz’ora piena attraverso un terreno montuoso per raggiungere la strada più vicina – abbinata alla mancanza di elettricità, diventa difficile per gli agricoltori cercare assistenza medica o protezione nel caso di attacco da parte dei coloni israeliani locali.
Queste comunità isolate sono a rischio elevato di venire allontanate con la forza dalle loro case e dalle terre ancestrali. Mohammad racconta che il nonno costruì la prima casa di famiglia con le proprie mani. Tuttavia , quando è iniziata la violenza dei coloni, non gli è stata offerta altra possibilità che lasciare la propria casa. Oggi Mohammad e la sua famiglia vivono ad Akraba e si recano ad Abo Dawa solo per prendersi cura dei loro alberi da frutto che sono rimasti.
La gracile attesa di Mohammad sul suo terreno è ulteriormente minacciata dalle ingerenze dei militari israeliani. Nonostante la generosa donazione di aiuti e il clamoroso successo del progetto solare ad Abo Dawa, l’esercito israeliano di recente ha emesso un ordine di arresto dei lavori per il vano della batteria. Ciò equivale alla minaccia di un ordine di demolizione per il sistema dei pannelli solari – un progetto che è costato circa 40.000 euro per l’installazione – e verrebbe ad aggiungersi alle centinaia di strutture palestinesi che ogni anno vengono demolite da Israele.
Le complicazioni per la realizzazione di progetti di sviluppo in Area C sono risultate evidenti ad Abo Dawa durante l’installazione del sistema di microgriglia: l’esercito israeliano ha fatto uscire l’intero villaggio dalla località per una settimana e l’ultimo giorno dell’installazione sono stati arrestati due palestinesi. Questi ostacoli opposti dai soldati non sorprendono, rileva Mr. Sordo, dato che Israele “cerca di costringere i palestinesi a lasciare le aree rurali al fine di occuparle per le colonie…[e] un modo per farlo e quello di isolare i palestinesi sempre di più – privandoli dell’energia elettrica e degli altri servizi di base – in modo tale che la gente alla fine deve abbandonare i propri campi e le risorse naturali ivi contenute.”
Per i contadini di Abo Dawa, la demolizione imminente del sistema di microgriglia è un altro tentativo sconvolgente di recidere i secolari legami con le loro oasi verdi. Alla domanda se lui rinuncerà, Mohammad riflette per un attimo e guarda fuori verso i suoi alberi di limone. “Io appartengo a questa terra e ho un diritto nei suoi confronti,” dice, “ma nessuno si preoccupa delle ingiustizie che accadono qui, ad Abo Dawa. Nessuno”.
Esther Kwan , laureata alla Cornell University, ha insegnato inglese nella West Bank e collaborato con un centro ricerche arabo di Haifa. Attualmente conduce ricerche sullo sviluppo internazionale alla Oxford University
(tradotto da mariano mingarelli)