+972mag
30.09.2013
http://972mag.com/the-man-who-sold-the-world-dr-erekat-is-back/79563/
L’uomo che ha venduto il mondo: il Dr. Erekat è ritornato.
La triste ma vera storia del capo negoziatore Saeb Erekat. Può l’eroe dei Palestinian Papers uscire indenne da un altro round di colloqui di pace?
di Hakim Bishara
C’è stato un tempo, che risale agli anni ’90, in cui l’incallito negoziatore palestinese Dr. Saeb Erekat era al colmo del suo gioco. Fiducioso, eloquente e agghindato con un elegante paio di occhiali di tartaruga da architetto, l’abile giovane diplomatico era una stella nascente. Insieme a colleghi come Hanan Ashrawi, Sari Nusseinbeh e il più intraprendente Marwan Barghuti, emerse dall’esilio e dall’anonimato come parte delle futura generazione di leader dell’OLP. Al loro apice, portarono alla causa sottigliezza diplomatica e raffinatezza, mentre un tragico Yasser Arafat in fase di invecchiamento oscillava con pathos tra l’eroico e il patetico. Oggi, 20 anni dopo la firma degli accordi di Oslo e l’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, tale gruppo d’avanguardia è una fila di cadaveri politici. Alcuni sono dimenticati, altri sono bloccati dietro le sbarre e altri ancora continuano ad andare a giro per camere e corridoi cercando di salvare quel poco che resta. Tale è il caso dell’ostinato Dr. Erekat.
Il capo negoziatore dell’Autorità Palestinese Saeb Erekat
In un pomeriggio di luglio, le macchine fotografiche mandano lampi di flash nella stanza Benjamin Franklin dell’edificio del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti a Washington DC. Il Segretario di Stato John Kerry delinea le sue speranze e i suoi piani relativi ai colloqui di pace israelo-palestinesi con un’aria di solenne determinazione e di importanza storica. Ciononostante il segretario è di buon umore. Accreditato in modo esclusivo per forgiare l’inaspettata svolta, l’emozione di riprendere i negoziati va vivacizzando nel complesso l’espressione triste permanentemente disegnata sul suo volto. Alla sua destra si erge il ministro Tzipi Livni, che si crogiola sotto i riflettori. E’ allietata e ringiovanita dal suo rincontro con la diplomazia dopo anni di irrilevanza. Sulla sinistra di Kerry, tuttavia, si trova un uomo in notevole agitazione. Controllando una volta ancora il suo orologio da polso, il Dr. Erekat non è capace di star quieto e non sa decidersi se sbottonare o meno la giacca. Là, in posa con i due stretti alleati, Erekat assomiglia a qualcuno che è stato sventuratamente trascinato al party dell’amico di un amico. Non perché l’abbia voluto, ma perché non gli è stata offerta altra possibilità.
Conferenza stampa al Dipartimento di Stato di Washington DC, 30 luglio 2013
“Sai Saeb,” gli si rivolge con un sorriso ironico la Livni, “abbiamo trascorso tutti diverso tempo nella stanza dei negoziati”. Il segretario Kerry sbircia paternamente da dietro la schiena di lei, le mani strette sopra la cintola in un infantile gesto oscillante. Un accigliato Saeb risponde con un timido cenno. “Nel passato non siamo giunti ad un vicolo cieco, ma non abbiamo completato la nostra missione, “ aggiunge la Livni, insistendo sulla rievocazione. Erekat guarda pensieroso il pavimento con un volto spaurito e ricade nei suoi pensieri. Che cosa malvagia, evocare incautamente il ricordo del più basso dei livelli da lui raggiunti. Ciò che la Livni rievoca è quello stesso processo negoziale tra il 2007 e il 2009 che portò al tracollo totale della lunga carriera di Erekat. Fu il resoconto di quegli inutili colloqui a proposito dei quali l’uomo incaricato di negoziare il futuro dei palestinesi perse la faccia nei confronti del proprio popolo e di tutto il mondo arabo.
Al momento, Erekat si trovava in prima linea nella diplomazia palestinese. La sua ineguagliabile esperienza e le sue relazioni – e la debole leadership del presidente Mahmoud Abbas – gli hanno affidato la responsabilità dei retroscena della politica estera palestinese. Non c’era nessuno più grande del capo negoziatore. Ma non appena la pressione israelo-americana si è accresciuta, è stato detto e fatto molto al di fuori del protocollo per salvare l’AP e sostenere “il processo”. Erekat, come spesso accade per le persone al potere, non ha potuto prevedere la rovina. Che si è verificata nel gennaio del 2011, quando i verbali delle riunioni dei colloqui con gli israeliani e gli americani (conosciuti come Palestine Papers) sono stati fatti trapelare alla stampa. Le trascrizioni rivelano l’entità delle concessioni fatte da Erekat e dall’équipe, molto in cambio di nulla. La vera aggressività della Livni si palesa con i vistosi “No” disseminati su tutti i protocolli. Ma a un livello più profondo e personale, le indiscrezioni rivelano la natura servile e sottomessa dei funzionari dell’AP nei loro colloqui con le controparti israeliane, come pure la loro inetta piaggeria verso gli americani. In una famosa citazione dai file trapelati, quella che ha scatenato tutta la rabbia contro Erekat, il capo negoziatore si vanta con gli americani, dicendo, “Abbiamo investito tempo e fatica, e perfino ucciso la nostra gente per mantenere l’ordine e lo stato di diritto […..] Non siamo ancora un paese, ma siamo gli unici nel mondo arabo che controllano la Zakat [carità islamica] e i sermoni nelle moschee. Ci coordiniamo insieme.” Con ulteriori rivelazioni di tal genere, la crocifissione di Erekat è stata solo una questione di tempo. E’ stato chiamato traditore, collaborazionista, serpente, burattino. Grazie a una dilagante apparizione sui media ha provato a giustificarsi inveendo e scagliandosi contro coloro che cospirano contro di lui e l’Autorità Palestinese. Ma il dado era tratto e le cose sono solo peggiorate, fino a che ha rassegnato le dimissioni da capo negoziatore ed è scomparso dalla vista.
Leggi il servizio completo di +972 a proposito dei Palestine Papers http://972mag.com/tag/palestine-papers/
Chiamalo un senso di dovere storico, un patto con il diavolo o un grave caso di sindrome di Stoccolma, ma ricoperto da scandali e in disgrazia come era, Ereket non è stato in grado di liberarsi dal vizio. Grazie a incontri dietro le porte e appuntamenti segreti ha mantenuto interamente il contatto con gli israeliani. Che si tratti di Washington o di Ginevra, di una casa di un amico comune o del balcone di un hotel di lusso, ha mantenuto un solido controllo su tutti i tipi di legami e coordinamenti. Allo stato attuale, dopo tre anni di assurda clandestinità, riappare alla luce del sole. Il rassegnato Erekat, come un Lazzaro da Jericho, è risorto dalla tomba per reclamare il suo posto di capo negoziatore, mettendo una pietra sopra al passato.
Ora che il ricongiungimento è completato, la Livni ed Erekat possono indulgere insieme nel mestiere di statisti come ai vecchi tempi. Ahimè, non è il caso di un perfetto déjà vu. I personaggi, il set e la trama potrebbero essere le stesse, ma questa volta Erekat incontra una Livni appoggiata da un governo estremista di destra e sostenuta da un gruppo americano composto esclusivamente da amici di Israele, con la partecipazione del tristemente noto ambasciatore Martin Indyk. A differenza dei palestinesi, il governo israeliano ha già beneficiato enormemente del ritorno ai negoziati. Ha migliorato i rapporti con l’Amministrazione americana e l’Unione Europea; il progetto di statualità palestinese alle Nazioni Unite è stato congelato; le minacce di perseguire i politici israeliani e i generali alla ICC [International Criminal Court] sono state rimosse; e gli orientamenti dell’Unione Europea sulle colonie vengono leniti lentamente. Anche il recente discorso alle Nazioni Unite del Presidente Abbas è stato attenuato sotto la pressione americana per paura che sconvolgesse Israele e danneggiasse il processo. Nel frattempo, l’espansione delle colonie,gli arresti arbitrari, gli omicidi casuali e i coprifuochi continuano senza interruzione.
Letti il servizio completo di +972 sul “Processo” http://972mag.com/special/the-peace-process/
Dopo aver dovuto ascoltare le ripetute promesse di Kerry riguardanti la sicurezza di Israele, ora è il turno di Erekat di parlare. Inciampando sulle parole, egli trasmette una nota più corta di due minuti. “Sono lieto che tutte le questioni sullo stato finale siano sul tavolo, saranno risolte senz’alcuna eccezione,” afferma. Per uno che è stato lì da Madrid nel 1991 ad Annapolis nel 2007, Erekat deve rendersi conto di quanto infondato e senza speranza fosse il desiderio che aveva appena enunciato. Egli sa pure che una dichiarazione fatta sotto la pressione israelo-americana di fine di tutte le rivendicazioni non avrebbe portato a nulla se non alla fine della sua carriera. Il tempo ci dirà presto se dietro a quella incantevole dichiarazione se ne sta uno scaltro negoziatore che lancia una sfida alle controparti negazioniste o solo una vittima inerme che si accinge a una grande svendita.
Hakim Bishara è un giornalista freelance e sceneggiatore palestinese che vive in Israele. Ha pubblicato sulla stampa israeliana e internazionale e ha collaborato alle sceneggiature di alcuni documentari.
(tradotto da mariano mingarelli)