La colonizzazione di Hebron e il silenzio degli USA

Nena News
24.10.2013
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La colonizzazione di Hebron e il silenzio degli USA

Tel Aviv annuncia 100 nuove unità abitative per coloni nella città palestinese. Da Bruxelles, Abbas chiede la fine dei rapporti commerciali con le colonie.

di Emma Mancini

Gerusalemme, 24 ottobre 2013, Nena News - Bibi chiama, il governo risponde. Ieri a Roma, durante l'incontro tra il primo ministro israeliano e il segretario di Stato Kerry, Netanyahu ha preso di mira la città di Hebron: necessario costruire più insediamenti, incrementare il numero di coloni israeliani e rafforzare così la presenza nella città palestinese. "La creazione di colonie israeliane a Hebron è il simbolo della profonda connessione ebraica con la città".

 

Un appello giunto nel pieno dei negoziati con la controparte palestinese e che difficilmente può rappresentare una spinta positiva per il dialogo. Israele non solo non intende fare concessioni, come scrive il quotidiano israeliano Ha'aretz, ma mostra chiaramente la volontà di consolidare l'occupazione militare nei Territori Occupati. Washington non replica, trincerandosi dietro un silenzio stampa che da tre mesi avvolge il negoziato in corso e che è lo specchio della debolezza del dialogo e della stessa mediazione statunitense, incapace ad alzare la voce contro l'alleato israeliano.

Immediata è arrivata la risposta del governo di Tel Aviv. Oggi il ministro dell'Abitazione, Uri Ariel - membro del partito ultranazionalista Casa Ebraica e colono -, ha annunciato la costruzione di cento nuove unità abitative per coloni ad Hebron: "La terra già c'è - ha detto Ariel alla Army Radio - Stiamo preparando il progetto di costruzione. Speriamo di iniziare a costruire entro l'anno".

Hebron resta nel mirino, città sotto assedio: i circa 200mila palestinesi residenti vivono sotto il controllo militare di circa 2mila soldati, chiamati dal governo di Tel Aviv a "proteggere" i 600-700 coloni insediatesi nella Città Vecchia, cuore economico e sociale di Hebron. Dopo gli Accordi di Oslo, la comunità palestinese ha assistito al veloce declino delle condizioni di vita: impossibilità a muoversi liberamente in Città Vecchia, chiusura di decine di migliaia di negozi, occupazione di case e attacchi quotidiani a persone e proprietà da parte di coloni e esercito.

E mentre Bibi preme sull'acceleratore della colonizzazione, il presidente palestinese Abbas tenta di parare i colpi. Dalla Lituania, dove si trova in visita, Abbas ha reiterato l'intenzione di non accettare alcuna delle precondizioni poste al dialogo dalla controparte israeliana. E ieri, durante un incontro con il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, il presidente dell'ANP ha fatto appello all'Unione Europea e alle compagnie internazionali perché pongano fine alle collaborazioni economiche e commerciali con le colonie israeliane nei Territori Occupati: "Chiedo alle compagnie europee e straniere che fanno affari nelle colonie di cessare le loro attività, una violazione del diritto internazionale".

Non un passo contro Israele, ha tenuto a specificare Abbas, ma contro gli insediamenti illegali costruiti su terra palestinese. Una dichiarazione che mostra l'approccio ormai scelto dalla leadership palestinese: rinuncia alla Palestina storica e fedeltà alla soluzione a due Stati, con l'obiettivo di creare uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gerusalemme Est (meno del 20% del territorio palestinese pre-1948). Nena News