Task Force americana sulla Palestina si procura finanziamenti da un miliardario anti-palestinese e da una monarchia repressiva.

Mondoweiss
27.11.2013
http://mondoweiss.net/2013/11/palestinian-billionaire-repressive.html 
 

Task Force americana sulla Palestina si procura finanziamenti da un miliardario anti-palestinese e da una monarchia repressiva.

Nonostante le sue affermazioni “di essere impegnato a rafforzare le relazioni americano-palestinesi” come “una voce indipendente per la Palestina” la Task Force americana sulla Palestina (ATFP) ha cominciato ad accettare contributi da uno dei più agguerriti finanziatori di iniziative anti-palestinesi e islamofobe degli Stati Uniti. Una recente informativa tratta dal Modello 990 dell’Agenzia delle Entrate rilasciata nel 2011 ha rivelato che ATFP ha accettato almeno 10.000 dollari dalla Klarman Family Foundation. 

di Max Blumenthal

Il massimo dirigente della fondazione, Seth Klarman, è uno dei finanziatori più prolifici della comunità filo-israeliana e anche uno dei più intransigenti dal punto di vista ideologico.


                         L'ambasciatore israeliano Michael Oren e Ziad Asali

 

La donazione di Klarman evidenzia la traiettoria di un’organizzazione fondata originariamente per promuovere la posizione dei fautori della statualità palestinese a Washington, DC, ma che si è sempre più discostata dal consenso palestinese. Rivela pure una strategia emergente dei donatori filo-israeliani come Klarman che puntellano lo schieramento dei gruppi musulmani e arabo-americani al fine di creare dissidio nelle organizzazioni di base di solidarietà con la Palestina. 

Raggiunto telefonicamente, il membro di grado elevato dell’ATFP, Hussein Ibish, ha dichiarato di non aver mai sentito parlare di Klarman o della Klarman Family Foundation. 

Nonostante le affermazioni dell’ATFP di non aver mai accettato donazioni da governi stranieri, il gruppo ha accettato 148.800 dollari dall’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti nel 2011. Ibish si è rifiutato di parlare pubblicamente dei finanziamenti degli Emirati Arabi Uniti. 

Combattere gli accademici, finanziare le espulsioni 

Oltre al suo sostegno all’ATFP, Klarman è stato il principale finanziatore del Progetto Israele, l’organizzazione propagandistica collegata al governo israeliano guidata dall’ex portavoce dell’AIPAC Josh Block. Il Progetto Israele promuove un regime radicale di sanzioni nei confronti dell’Iran, che si oppongono agli accordi nucleari temporanei tra Stati Uniti e Iran recentemente firmati e sostiene l’iniziativa coloniale israeliana. Klarman ha profuso centinaia di migliaia di dollari al Middle East Media Research Institute (MEMRI), al Comitato Ebraico Americano e al David Project che è stato costituito per soffocare la solidarietà con la Palestina che si organizza nei campus degli Stati Uniti e ha attaccato a fondo facoltà ritenute ideologicamente nemiche di Israele. 

Grazie al suo sostegno finanziario alla Friends of Ir David inc., Klarman è risultato coinvolto direttamente nell’impresa coloniale israeliana con l’assistere il braccio dell’esenzione fiscale negli Stati Uniti dell’organizzazione che sta dietro all’ondata di espulsioni palestinesi nel quartiere di Silwan nella Gerusalemme Est occupata. 

Altri gruppi filo-israeliani che traggono profitto dalla generosità di Klarman includono la Birthright Israel, il Washington Institute for Near East Policy fondato dall’AIPAC e la guerrafondaia Fondazione per la Difesa della Democrazia (FDD). La FDD è finanziata pure da Sheldon Adelson il magnate di destra del casinò pro- Israele che di recente ha richiesto agli Stati Uniti di sganciare la bomba atomica sull’Iran. 

L’abbastanza recente istituzione del gruppo di prima linea filo israeliano Scholars for Peace in the Middle East (SPME) è stato reso pure possibile grazie alla generosità di Klarman. Con 200.000 dollari ricevuti da Klarman ha messo in campo una particolare iniziativa per contrastare e demonizzare il BDS, il movimento di base che si fonda sulle campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per fare pressione su Israele perché rispetti i diritti dei palestinesi. 

Klarman è divenuto una delle persone più ricche del mondo tramite il Baupost Group, un fondo di investimento speculativo con sede a Boston che ha fondato e ora vale oltre i 20 miliardi di dollari. Con la sua fondazione filantropica, negli ultimi cinque anni Klarman è risultato come uno dei finanziatori più intraprendenti della lobby filo-israeliana. In un editoriale scritto insieme al fondatore del David Project, Charles Jacobs ( Klarman ha svolto la funzione di presidente del gruppo), Klarman ha sostenuto che gli ebrei di tutto il mondo erano “sotto assedio” a seguito di un “palestinalismo” promosso da “un pericoloso movimento anti-israeliano”. 

“Bisogna difendersi dai teppisti che gridano ‘kike’ [ebreo]”, hanno scritto Jacobs e Klarman: “invece siamo attaccati dai colleghi docenti universitari – oggi un nemico assai più insidioso – che ci rimproverano di sostenere ‘l’immoralità’”. 

La strategia del cuneo 

Di contro a ricchi contemporanei filo-israeliani come Nina Rosenwald e Haim Saban, Klarman non ha limitato le sue donazioni ai gruppi esplicitamente filo-israeliani. Egli ha, invece, dato contributi anche a organizzazioni attive nel mondo musulmano e palestinese-americano che sostengono di rappresentare gli interessi delle loro comunità. 

Il sostegno di Klarman all’American Islamic Congress (AIC) offre una perfetta visione sulla sua strategia manifesta. Come ho documentato per The Electronic Intifada, L’AIC sostiene di promuovere i diritti civili e umani a favore dei musulmani, tuttavia, l’organizzazione fa capo quasi interamente ai finanziamenti di Klarman e di coloro che condividono il suo orientamento ideologico. 

Di conseguenza, ha tentato di creare screzi attraverso la principale organizzazione musulmano-americana, rifiutando di impegnarsi con i gruppi costituiti dei diritti civili musulmani e proibendo nel frattempo ai membri del suo braccio studentesco, Project Nur, di discutere all’università questioni correlate con la Palestina. 

Analogamente Klarman ha accumulato finanziamenti a favore del American Islamic Forum di Zuhdi Jasser, un medico residente in Arizona e praticante musulmano che ha svolto una funzione chiave come protagonista nel film di propaganda anti-musulamana, La Terza Jihad. Jasser è stato un testimone di prim’ordine nelle audizioni congressuali ampiamente denigrate del repubblicano Peter King sulla radicalizzazione musulmano-americana e ha elogiato il programma criminale del NYPD riguardante il controllo dei musulmani. 

Chiaramente Klarman ha calcolato il suo sostegno ai gruppi del fronte diretto agli arabi e musulmani che favoriscono gli interessi di Israele compromettendo gli obiettivi delle principali organizzazioni musulmane e arabo-americane. E il suo sostegno all’ATFP sembra essere l’ultima fase della strategia. 

Abbracciare la lobby filo israeliana, liberarsi dei membri del consiglio 

L’ATFP è derivato dall’ormai defunto Comitato Americano per Gerusalemme del quale è stato un presidente Edward Said della Columbia University professore degli Studi di Arabo Moderno Rashid Khalidi. Ad origine vice presidente dell’ATFP è stato Khalidi che compare in una pagina web archiviata dell’organizzazione del 2004 seduto a una riunione del consiglio con persone comprendenti l’avvocato palestinese-americano George Salem, in quanto autodefinitosi “attivista di alto profilo del partito repubblicano”. 

Oggi, l’ATFP è diretta dal medico palestinese americano Ziad Asali. La missione dichiarata del gruppo è quella di promuovere a Washington D.C. il processo di pace a guida statunitense e la costituzione di uno stato palestinese. Nel corso degli anni, mentre il processo di pace arrancava e il movimento BDS acquistava slancio, l’ATFP ha iniziato ad andare alla deriva ben al di fuori del consenso palestinese. 

Non appena, sotto la direzione di Asali, il gruppo è scivolato nelle mani della lobby israeliana, persone rispettate come Khalidi hanno cominciato a dare le dimissioni in massa. Attualmente, il consiglio direttivo dell’ATFP contiene 13 nomi nessuno dei quali rinomato e 27 in meno rispetto al 2009. 

Tra coloro che hanno rassegnato le dimissioni dal consiglio dell’ATFP è Daoud Kuttab, un importante giornalista palestinese che si è sdegnato per l’opposizione di Asali al tentativo dell’ Autorità Palestinese di ottenere il riconoscimento della statualità presso le Nazioni Unite. Kuttab ha denunciato il “malsano atteggiamento di [Asali] che ha deciso di ignorare la decisione precedente [sic] del proprio consiglio d’amministrazione e ha pubblicato due articoli di opinione sfavorevoli all’approccio [della statualità] presso le Nazioni Unite.” (Anche il famigerato intrufolato del partito, Tareq Salahi, è scomparso dal consiglio di amministrazione dell’ATFP, quantunque non di propria volontà). 

Un altro fattore che ha determinato la forte reazione collettiva nei circoli palestinesi contro l’ATFP è stata una fotografia del maggio 2012 che raffigurava Asali che, presso l’ambasciata israeliana a Washington DC, presenziava alla celebrazione della “Giornata dell’Indipendenza” di Israele – festa che coincide con la ricorrenza palestinese della Nakba. 

Nella foto, un apparentemente esultante Asali è abbracciato all’allora ambasciatore israeliano presso gli Stati Uniti Michael Oren, un ideologo neoconservatore che ha difeso vigorosamente l’iniziativa coloniale di Israele. L’originario di New York Oren, che ha rinunciato alla cittadinanza degli stati Uniti, è stato un paracadutista dell’esercito israeliano durante l’invasione del Libano del 1982 e portavoce dell’esercito israeliano durante l’invasione di quel paese nel 2006 e l’Operazione Piombo Fuso nel 2008-2009, l’assalto alla Striscia di Gaza che ha determinato la morte di oltre 1.400 abitanti del territorio costiero assediato. 

La foto di Oren e del sorridente Asali è stata distribuita ampiamente a tutta la diaspora palestinese, unificando nello sdegno e nell’indignazione uno schieramento di palestinesi dalle opinioni divergenti. 

Quando giovani attivisti palestinesi hanno protestato per l’esibizione di Asali, organizzando una petizione per condannare la sua condotta, il dirigente dell’ATFP Hussein Ibish ha risposto con una difesa grintosa del suo capo. “Questo è l’unico approccio che chiunque risieda negli Stati Uniti e vuole realizzare seriamente qualcosa di pratico per la pace, o migliorare la vita dei palestinesi, può davvero fare proprio,” ha scritto Ibish sulla visita di Asali al gala israeliano. 

A questo punto, tuttavia, l’ATFP era persino riuscita ad alienarsi l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a Washington DC. Quando Asali ha criticato come “potenzialmente pericolosi” i piani dell’Autorità Palestinese di presentare la sua richiesta di statualità al voto delle Nazioni Unite, facendo eco alla posizione americana e israeliana, l’OLP ha annunciato che dall’ottobre 2011 avrebbe tagliato tutti i suoi legami con l’ATFP. 

Ghaith al-Omari di ATFP è stato uno stretto collaboratore di David Makovski, l’ex borsista del Washington Institute for Near East Policy (WINEP) che è stato appena nominato per associarlo al team del Dipartimento di Stato che concorre al “processo di pace” a guida americana accumunandolo ulteriormente agli ideologi filo israeliani. Negli ultimi anni al-Omari ha fatto il giro dei media statunitensi e delle università insieme a Makovski, partecipando spesso a eventi sponsorizzati da gruppi filo-israeliani. Al-Omari ha sollecitato un atteggiamento ottimistico nei confronti della soluzione a due stati, perorando la causa abbandonata di Salam Fayyad per la costruzione di istituzioni statali coese sotto l’occupazione militare israeliana. 

Nel frattempo, Makovski ha ideato un progetto per uno “scambio di terra” che permetterà a Israele di incorporare la maggior parte della popolazione dei coloni all’interno dei suoi futuri confini, trasferendo possibilmente cittadini palestinesi che vivono nel cosiddetto “Triangolo Arabo” nelle mani di un governo autocratico palestinese. 

Con la speranza che la soluzione a due stati si esaurisca nel dimenticatoio, l’ATFP ha intensificato gli attacchi ai fautori palestinesi di uno stato unico, democratico, insieme al diritto al ritorno dei profughi palestinesi. Ibish si è prestato come principale cane d’attacco dell’organizzazione criticando aspramente i sostenitori del BDS per il loro impegnarsi in “discorsi iperbolici sulle nefandezze del sionismo”. 

Mentre Ibish e Asali si scagliano contro i loro critici – specialmente coloro che cercano di fare ostruzionismo nei confronti dei programmi promossi da grossi donatori filo israeliani come Klarman – la loro agenda è venuta a combaciare con le ambizioni regionali del loro più generoso finanziatore. 

Fare lobby per gli Emirati Arabi Uniti? 

Nel 2011, l’ATFP ha accettato donazioni per 148.800 dollari dal governo degli Emirati Arabi Uniti, una monarchia repressiva che mette al bando la stampa indipendente e ha vietato ai lavoratori di organizzarsi in sindacato. Nel marzo 2011, gli UAE si sono associati all’Arabia Saudita nell’invio di forze di sicurezza per aiutare Barhaim a schiacciare con la violenza una sommossa democratica non violenta. 

Più di recente, nel mese di agosto di quest’anno, il governo degli Emirati Arabi Uniti ha proclamato la sua “comprensione per le misure sovrane assunte dal governo egiziano” un giorno dopo che le forze di sicurezza egiziane avevano massacrato circa 1.000 sostenitori del Presidente Mohamed Morsi e dei Fratelli Musulmani che, il 3 luglio, erano stati spodestati con un colpo di stato militare. Quando Washington ha minacciato una riduzione degli aiuti all’Egitto , gli Emirati Arabi Uniti sono intervenuti con un impegno di 4,9 miliardi di dollari per il regime del colpo di stato militare assillato da difficoltà. 

Ciò che ha scritto Ibish sull’Egitto ha seguito strettamente l’impostazione della politica estera degli UAE. Nel gennaio 2013, mentre Morsi era ancora al potere Ibish ha sostenuto che la Fratellanza era coinvolta attivamente in una cospirazione per rovesciare il governo degli Emirati Arabi Uniti. “Il senso è che la Fratellanza avrebbe cercato di…ottenere il controllo diretto degli Emirati Arabi come trampolino di lancio per ulteriori espansioni…”, ha scritto. Ibish ha basato la sua teoria su di un procedimento per “sovversione” dei servizi di sicurezza degli UAE nei confronti di un piccolo gruppo di espatriati egiziani. 

Un giorno dopo che Morsi è stato estromesso dall’esercito egiziano, Ibish ha preso a descrivere al The Daily Beast il colpo di stato come un riflesso dell’ “ampiezza e profondità del consenso egiziano”, dipingendo il rovesciamento come un ripudio dell’autoritarismo. Ha continuato a mettere in guardia che la minaccia della violenza risiedeva tra i sostenitori della fratellanza, non era da ascriversi al regime militare che avrebbe proceduto con il massacro di migliaia e l’incarcerazione e la tortura di molti di più. 

Nel mese di agosto, dopo il secondo maggiore massacro di sostenitori non violenti di Morsi da parte del regime del colpo di stato militare, Ibish ha argomentato con veemenza su un giornale con sede negli UAE, il The National, contro la riduzione statunitense degli aiuti all’Egitto, sostenendo che qualsiasi iniziativa punitiva avrebbe “rafforzato la nozione che gli Stati Uniti non restano al fianco dei loro amici. Ibish ha messo in guardia che il regime egiziano potrebbe rispondere con rappresaglie diplomatiche costringendo gli Stati Uniti a ridistribuire i gruppi di portaerei nella regione – un tragico colpo per l’impero americano. 

Nelle ultime settimane, Ibish ha fatto eco alla strenua opposizione degli Emirati Arabi Uniti e del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) controllato dall’Arabia Saudita al riavvicinamento americano all’Iran. Questo mese, si è lamentato che gli sforzi dell’amministrazione Obama per raggiungere un accordo con il neo eletto governo dell’Iran, erano andati “un po’ troppo oltre”, troppo veloci, ma sono stati indotti dall’entusiasmo iraniano”. ( A seguito della firma dell’accordo US-Iran a Genevra, l’UAE ha smorzato la sua opposizione). 

Un documento sul sito web dell’ATFP intitolato: “La Task Force americana sulla Palestina: Dire le cose come stanno” dichiara che “l’ATFP è un’istituzione americana finanziata dal consiglio di amministrazione e dai suoi sostenitori. Non ha mai ricevuto alcun sostegno finanziario da alcun governo in qualsiasi momento”. 

Questo nel migliore dei casi non è più in uso, nel peggiore è tutto un inganno. 

(tradotto da mariano mingarelli)