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Haaretz, 28.05.2014
I campionati di razzismo
Alle elezioni europee è accaduto qualcosa di inquietante, ma certamente non altrettanto rivoltante di quanto accade qui in Israele.
di Zvi Bar'el
Sui graffiti scritti con bomboletta spray su una moschea di Gerusalemme si legge :
“Un buon arabo è un arabo morto” e "Kahane vive" (foto Reuters)
La vittoria dei partiti di estrema destra alle elezioni per il Parlamento Europeo è stata ricevuta qui [ in Israele ] con una sorta di panico controllato. Il panico è dovuto al fatto che i partiti di destra estrema, ma anche moderata, sono caratterizzati da posizioni antisemite. Tuttavia, la paura è mitigata dal fatto che questi gruppi sono anche i paladini del sentimento anti-islamico che sta crescendo in Europa.
Il dilemma che si pone per Israele è chiaro. Deve condannare questa crescita dell'estrema destra e dichiarare l'Europa un continente malato di antisemitismo, oppure continuare ad ospitare i rappresentanti di questi partiti razzisti, alcuni dei quali si sono opposti apertamente alle campagne di boicottaggio contro Israele, e sono arrivati persino a stabilire relazioni intense ed amichevoli con i leaders del movimento dei coloni israeliano? La soluzione del dilemma non è difficile. Israele rifiuta l'antisemitismo, ma abbraccia il razzismo. Osserva con sincera preoccupazione gli skinheads e le loro svastiche tatuate, tuttavia condivide molte delle loro opinioni e capisce il loro atteggiamento nei confronti degli stranieri.
In ogni caso, l'antisemitismo europeo è del tipo "vantaggioso". Più fiorisce, più saranno gli ebrei a scappare per rifugiarsi nello stato ebraico. L'assorbimento degli ebrei europei sarà più facile che mai. Una volta in Israele, continueranno a respirare la stessa atmosfera razzista che oggi pervade gran parte dell'Europa, potranno esprimere apertamente il loro odio anti-arabo e anti-musulmano senza essere considerati razzisti, e potranno, nel pieno rispetto delle leggi razziste ebraiche, adottare la stessa piattaforma ideologica dei partiti razzisti europei, ovvero il rifuto di ingresso ad arabi, musulmani, o ogni altro lavoratore straniero. Qui scopriranno che Israele potrebbe benissimo far parte del parlamento europeo, sebbene il nuovo volto di questo parlamento sia ben lontano dal livello di razzismo che caratterizza Israele. Ma come dice l'antico adagio, "È da Sion che uscirà la legge".
Dieci anni or sono, alcuni ricercatori dell'università di Haifa pubblicarono i risultati di un sondaggio condotto fra studenti ebrei e arabi di sedici anni. Il sondaggio esaminava come si consideravano a vicenda, e i risultati furono spaventosi. Il 52% dei ragazzi ebrei non erano disposti ad incontrare arabi, il 74% non li avrebbe ospitati a casa e il 65% non li avrebbe voluti come vicini. Sebbene anche i ragazzi arabi nelle loro risposte abbiano dimostrato una certa diffidenza, gli ebrei li sorpassavano di un buon 20%. Da uno studio successivo condotto dal Fondo Abraham risultò che il 50% degli ebrei intervistati affermavano di sentirsi odiati dal solo sentire una conversazione in arabo.
I ragazzi che hanno partecipato a questi studi hanno oggi fra 20 e 24 anni, cittadini adulti con diritto di voto, e alcuni di loro sono probabilmente diventati genitori. Le loro opinioni saranno cambiate? Saranno capaci, loro o i loro figli, di scrollarsi di dosso questi atteggiamenti ben radicati? È molto improbabile, perché questi ragazzi hanno imparato quest'odio da qualche parte, e lo hanno incorporato nella loro identità. Ci si potrebbe spingere ad immaginarsi un sondaggio della "Lega anti-diffamazione" sul razzismo in Israele, i cui risulatti farebbero impallidire l'antisemitismo globale. Contrariamente al caso dell'Europa, non c'è bisogno ci chiedersi se il razzismo provenga da ragioni politiche, economiche, religiose o ideologiche. Tutte questi elementi sono presenti.
Le manifestazioni sporadiche di preoccupazione e allerta per la virata a destra dell'Europa sarebbero prese più seriamente se Israele stesso dimostrasse una reale intenzione di sradicare i concetti razzisti su cui è fondato, se sull'agenda della Knesset non ci fossero leggi discriminatorie su base razziale, se la lingua della minoranza non fosse minacciata di non essere più considerata una lingua ufficiale di Israele, se i proprietari di case che rifiutano di affittare agli arabi fossero perseguiti, e se coloro che forano pneumatici e scrivono sui muri "morte agli arabi" fossero considerati terroristi come gli arabi che lanciano pietre.
Nel frattempo, la nostra posizione in classifica è sicura. Temibile Europa, anche dopo queste elezioni, hai ancora tanta strada da fare prima di superare Israele nei campionati mondiali del razzismo.
(Traduzione di Giacomo Graziani per l'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus)