The Electronic Intifada, 20.04.2015
http://electronicintifada.net/content/we-cannot-liberate-palestine-colonized-minds/14443
di Haidar Eid
Una donna palestinese sventola una bandiera di fronte alle forze di occupazione israeliane durante la protesta del giorno della Terra, il 28 marzo nel villaggio di Nabi Saleh nella West Bank. La giornata della Terra commemora la repressione violenta da parte israeliana di proteste palestinesi contro l'esproprazione di terre in Galilea da parte del governo nel 1976. (Shadi Hatem / APA images)
L'incapacità, o mancanza di volontà, di fornire un esempio relativamente accettabile di buona gestione basata sul dare ai cittadini ordinari voce in capitolo sulle decisioni che li riguardano, sia da parte dell'Autorità Palestinese basata a Ramallah che dell'amministrazione di Gaza guidata da Hamas, implica che un serio esame di coscienza è richiesto a chi detiene posizioni di leadership in Palestina.
L'alternativa alla spaccatura tra Fatah e Hamas non sono, come entrambe le parti sostengono, nuove elezioni per la presidenza dell'Autorità Palestinese e del Consiglio legislativo palestinese nel quadro dei disastrosi accordi di Oslo.
È piuttosto una forma di democrazia di massa, in cui tutti i rifugiati palestinesi (che vivono nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza, all'interno dell'odierna Israele e nella diaspora) possano partecipare intraprendendo azioni comuni per obiettivi più ampi.
A Israele deve essere chiaramente detto che l'unica richiesta dei palestinesi è una democrazia in tutta la Palestina storica, autentica e pluri-partitica, sulla base della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Le proposte avanzate dai principali partiti palestinesi fino ad ora non hanno, purtroppo, convinto coloro che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ovvero un terzo del popolo palestinese.
Soluzione razzista
La crisi di Yarmouk, il campo profughi palestinese in Siria, ha messo in mostra l'inefficienza, incompetenza e impotenza dell'OLP e delle altre organizzazioni che pretendono di parlare a nome dei palestinesi. E, cosa più importante, ha dimostrato la loro incapacità di elaborare una visione politica unificante attorno alla quale l'intero popolo palestinese possa radunarsi.
Tale visione non può coesistere con Oslo e la sua logica della cosiddetta "soluzione dei due stati". Questa logica ha portato ad uno stato ebraico sul 78 per cento della Palestina storica, insediamenti solo ebraici su oltre il 60 per cento della West Bank, e a un campo di concentramento nella Striscia di Gaza.
Questa soluzione razzista - camuffata come il minimo che "entrambe le parti" possono accettare, indipendentemente dai diritti degli oltre sei milioni di profughi che vivono nella diaspora e degli 1,7 milioni di palestinesi che vivono come cittadini di terza categoria in Israele, ha posto una seria sfida al cosiddetto programma nazionale palestinese.
Questa soluzione ha creato un bantustan in Palestina - che i capi delle famigerate "patrie indipendenti" sudafricane, con i loro padroni bianchi dell'apartheid a Pretoria, avrebbero trovato "ragionevole e giusto" in quanto garantisce l'identità etno-nazionale delle parti coinvolte.
Ciò su cui si è totalmente soprasseduto è la natura di Israele come entità coloniale che ha, come l'apartheid in Sud Africa, colonizzato la terra e cancellato i diritti fondamentali della popolazione indigena. E oltre alle sue politiche di apartheid istituzionalizzato, Israele ha continuato a commettere crimini di guerra e crimini contro l'umanità a Gaza, con la complicità degli ipocriti governi occidentali e delle Nazioni Unite.
I palestinesi sono stati abbandonati?
I palestinesi hanno forse perso la speranza? La loro leadership li ha forse abbandonati nel 1993, quando ha firmato gli accordi di Oslo?
I profughi di Yarmouk pensano ancora che l'Olp sia il loro "unico rappresentante legittimo"?
Ai palestinesi di Gaza, dopo tre massicci attacchi israeliani in sei anni, e un assedio da medioevo ancora in corso, si chiede forse di soccombere a Israele e baciare le mani della cosiddetta comunità internazionale e delle sue organizzazioni di aiuto che non sono riuscite a ricostruire una singola casa delle migliaia che sono state distrutte da Israele sette mesi fa?
Si suppone che i palestinesi debbano continuare a negoziare con il nuovo governo fascista di Israele guidato da Benjamin Netanyahu, ben sapendo che la prossima strage israeliana sarà di gran lunga peggiore di quelle precedenti?
È giunto il tempo per la lotta di liberazione palestinese di adottare le tattiche che hanno avuto successo contro le ideologie razziste e coloniali in Sud America e Sud Africa. Senza il serio intervento da parte delle nazioni amanti della libertà, della società civile, delle persone di coscienza, e la mobilitazione di massa interna in Sud Africa, Nelson Mandela sarebbe morto in prigione e il Sudafrica sarebbe probabilmente ancora uno stato di apartheid.
Rendere Israele impotente
Quindi, l'unica via che abbiamo, in Palestina, per vedere la fine delle atrocità sioniste commesse contro civili disarmati è il crescente movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro Israele.
Israele può avere uno dei più forti eserciti al mondo ed essere il più grande beneficiario di aiuti militari statunitensi, ma si troverà impotente contro la volontà della gente comune che ha deciso di boicottare i suoi prodotti e le sue istituzioni razziste.
Nessun governo può costringere i suoi cittadini a comprare prodotti israeliani o ai suoi artisti di esibirsi a Tel Aviv, l'equivalente medio-orientale di Sun City durante l'era dell'apartheid in Sud Africa. Il movimento BDS a guida palestinese, lanciato nel 2005, ha continuato a crescere e ha avuto un impulso irrefrenabile in tutto il mondo.
La gente comune palestinese ha capito che una mente colonizzata non può liberare la Palestina e non lo farà; una decolonizzazione della mente palestinese deve precedere la decolonizzazione del territorio.
Ed è proprio per questo che gli accordi di Oslo hanno fatto fallire i palestinesi. Hanno mantenuto dei leader palestinesi, sia nel campo di Fatah che in quello di Hamas, intrappolati dietro la facciata di una falsa "indipendenza", del "dialogo" e della "coesistenza" basata sulla subordinazione palestinese al padrone bianco Ashkenazi.
È giunto il tempo per l'attuale leadership di Fatah e Hamas di recuperare il ritardo con il popolo palestinese, che ha duramente respinto gli accordi di Oslo ed è rimasto saldo nella sua determinazione di riconquistare la terra perduta. Coloro che desiderano guidare i palestinesi devono incarnare questa determinazione e rappresentarla per la visione ispiratrice che è.
Non è una visione di debolezza o di sottomissione al tavolo delle trattative, ma piuttosto l'espressione della volontà di un popolo che non si darà pace fino a quando non avrà indietro i propri diritti.
Si tratta dell'espressione di vera democrazia.
Haidar Eid è un commentatore politico indipendente dalla Striscia di Gaza, in Palestina.
Traduzione di G.Graziani per l'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze