Abu Mazen da Matteo Renzi, ma non scatta la scintilla. L'Italia non segue il Vaticano sul riconoscimento della Palestina

Huffington Post, 15.05.2015

http://www.huffingtonpost.it/2015/05/15/abu-mazen-renzi-incontro-a-roma_n_7293210.html?utm_hp_ref=italy

"Matteo segui le orme di Francesco" e riconosci lo Stato di Palestina. È questo il messaggio di cui il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), si fa portatore nella sua intensa tre giorni romana. Il leader dell'Anp avrà una fitta serie di incontri sul fronte istituzionale, all'indomani del riconoscimento della Palestina anche da parte del Vaticano.

ABU MAZEN RENZI

"L'iniziativa presa dal Vaticano può creare un nuovo momento favorevole al riconoscimento del nostro Stato da parte dell'Europa" e dunque "sta ora all'Italia di Renzi muoversi in questa direzione", rimarca Xavier Abu Eid, stretto collaboratore del capo negoziatore dell'Anp Saeb Erakat. Una visita, quella in Italia, che nasce con un buon "viatico" per il leader palestinese. Il raggiungimento dell'intesa sul testo dell'accordo globale con la Santa Sede per libertà di azione della Chiesa, giurisdizione, statuto personale, luoghi di culto, questioni fiscali e di proprietà costituisce infatti un ulteriore riconoscimento da parte vaticana verso lo Stato di Palestina. E viene giudicato "in continuità" con la posizione della Santa Sede al momento della risoluzione Onu che riconosceva la Palestina quale Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite il 29 novembre 2012. "Sì, è un riconoscimento che lo Stato esiste", osserva il responsabile della Sala stampa vaticana, padre Lombardi. Secondo Majdi Khaldi, consigliere diplomatico di Abu Mazen, "il riconoscimento palestinese come entità diplomatica, da parte del Vaticano, è già avvenuto anni fa e si è consolidato con l'ammissione della Palestina come Stato non membro all'Onu".

SENZA ENTUSIASMO. La stessa strada, nei propositi della dirigenza palestinese, dovrebbe essere intrapresa dall'Italia. Senza ambiguità, come quelle che hanno caratterizzato il dibattito parlamentare di fine febbraio. Il 27 febbraio il Parlamento aveva approvato due mozioni. Quella del Pd che non impegnava esplicitamente il governo a riconoscere la Palestina, ma piuttosto a "promuoverne" il riconoscimento. E una seconda mozione, quella di Ap-Sc, con il parere favorevole del governo e assai più vincolante, che legava il riconoscimento dello Stato palestinese al raggiungimento di un'intesa tra Al-Fatah e Hamas. Alla fine un "ni" che aveva il sapore di una non decisione. "L'Italia si è sempre dimostrata amica della pace e del popolo palestinese. Al premier Renzi chiediamo di muoversi nella stessa direzione dei Parlamenti di Francia, Spagna, Gran Bretagna, e altri ancora, e del governo svedese, riconoscendo lo Stato di Palestina, come ha fatto, con grande coraggio, anche la Santa Sede", dice all'Huffington Post uno dei più stretti collaboratori di Abu Mazen, all'uscita dell'incontro al Quirinale con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al quale era presente anche il titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni.

Ma il clou politico della prima giornata romana del leader palestinese è il colloquio, il primo, avuto a Palazzo Chigi con Renzi. Nessuna conferenza stampa al termine dell'incontro, ma il presidente del Consiglio non pare volersi muovere nella "direzione di Francesco" o, comunque, non intende venir meno a quel rapporto preferenziale che lo lega a Israele. Certo, l'accoglienza a Palazzo Chigi è stata calorosa, come i sorrisi e la stretta di mano per le photo opportunity. L'incontro dura mezz'ora e si conclude senza dichiarazioni. Ma dalla delegazione palestinese emergono, con la garanzia dell'anonimato, indiscrezioni che non sembrano indicare una totale unità di visioni tra i due uomini politici. Di certo, si lascia andare una fonte palestinese, "l'incontro è stato cordiale ma diciamo che le nostre aspettative erano più alte". Insomma, se non c'è stato gelo non si può dire neanche che si sia manifestato uno straordinario feeling fra il premier italiano e il presidente palestinese. Quel segnale forte verso Israele non è arrivato. "Il nuovo governo israeliano di Netanyahu è il più estremista di quello precedente ed è dunque importante che l'Italia si esprima con chiarezza contro gli insediamenti ebraici sui territori palestinesi, trovando la maniera per punirli", aveva sostenuto a "La Stampa" l'ex ambasciatore in Italia dell'Anp, Nemer Hammad. Ebbene, questo segnale forte e chiaro non è venuto. L'Italia non riconoscerà in maniera unilaterale lo Stato di Palestina perché ciò, è quanto emerge da fonti della Farnesina, non aiuterebbe il rilancio del negoziato di pace, irrigidendo ulteriormente le posizioni di Gerusalemme.

Su questo punto, resta quanto sostenuto dal ministro degli Esteri nel giorno del dibattito parlamentare sul riconoscimento dello Stato palestinese: "La soluzione di fronte alla crisi mediorientale è quella dei due Stati per la quale la comunità internazionale si pronuncia da tempo. Questo significa il diritto dei palestinesi a un loro Stato e il diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi vorrebbe addirittura per statuto cancellarne la stessa esistenza. In questo quadro il governo valuta favorevolmente l'impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno Stato palestinese". Quell'impulso, però, non ha portato il governo ad assumere decisioni conseguenti. L'Italia, insomma, non guarda verso Stoccolma (tanto meno Ramallah) e non intende riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina. "Sappiamo che non ci sarà pace" in Medio Oriente "finché non avrà fine l'irrisolto conflitto tra israeliani e palestinesi". Dobbiamo essere tutti consapevoli che "il popolo palestinese ha diritto a una patria e che Israele ha il dovere di esistere": cos^ Matteo Renzi nel suo intervento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 29 settembre del 2014. Più o meno, sono le stesse considerazioni ribadite, otto mesi dopo, al presidente dell'Anp.

Più "aperta", rilevano fonti palestinesi, era stata Federica Mogherini nella sua prima missione in Israele e nei Territori dopo la sua elezioni ad Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea: "Penso che Gerusalemme possa e debba essere capitale di due Stati, sostenne "Lady Pesc" da Gaza nella conferenza stampa con il premier palestinese Rami Hamdallah. In quella occasione, Mogherini rilanciò con forza l'iniziativa europea per riavviare il processo di pace al più presto: "Ci vuole uno Stato palestinese, questo è l'obiettivo. Questa è la posizione di tutta l'Ue, il mondo non tollererà una quarta guerra". Quanto alle colonie, esse - affermo senza mezzi termini la ministra degli Esteri dell'Ue - sono illegali ed un ostacolo alla soluzione dei "Due Stati". L'Europa ribadisce questa posizione che ha sempre avuto". Era l'8 novembre 2014. Quelle dichiarazioni non furono accolte con soddisfazione in Israele e, negli ambienti più conservatori, c'è chi mise in evidenza un presunto "filo arabismo" di Mogherini con la "sincera amicizia verso Israele dimostrata a più riprese dal presidente Renzi". Il principio dei "due Stati" deve fare i conti con un governo israeliano, il quarto guidato da Benjamin Netanyahu, che non solo non ha questa ipotesi nel suo programma ma, all'interno dell'esecutivo, è forte la presenza di partiti ultranazionalisti e religiosi che vedono la nascita di uno Stato di Palestina come una minaccia mortale a "Eretz Israel".

FRANCESCO E IL "MURO" INCRINATO Abu Mazen avrà ora l'incontro più suggestivo, sentito: quello con Papa Francesco, il Pontefice che prova a costruire ponti di dialogo e abbattere muri di diffidenza. Come quello che esiste in Terrasanta. E un passo decisivo in tal senso è avvenuto nei giorni scorsi, quando il Vaticano ha riconosciuto giuridicamente lo Stato della Palestina. L'annuncio è stato diffuso al termine della riunione plenaria della Commissione bilaterale tra Santa Sede e Palestina. "La Commissione ha concluso il suo lavoro - ha spiegato padre Federico Lombardi -. C'è un testo che sarà presentato alle autorità e sarà stabilita la data della firma".

"L'intesa - spiega all'Osservatore Romano monsignor Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati e capo delegazione della Santa Sede - è frutto dell'accordo base tra la Santa Sede e l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp, firmato il 15 febbraio 2000)". I negoziati ripresi nel 2010 hanno quindi portato all'elaborazione dell'accordo attuale, che ha come scopo di completare quello firmato nel 2000. "Come tutti gli accordi che la Santa Sede firma con diversi Stati - spiega ancora monsignor Camilleri - quello attuale ha lo scopo di favorire la vita e l'attività della Chiesa cattolica e il suo riconoscimento a livello giuridico anche per un suo più efficace servizio alla società". Il testo ha un preambolo e un primo capitolo sui principi e le norme fondamentali che sono la cornice in cui si svolge la collaborazione tra le parti. "In essi si esprime, ad esempio, l'auspicio per una soluzione della questione palestinese e del conflitto tra israeliani e palestinesi nell'ambito della Two-State Solution e delle risoluzioni della comunità internazionale, rinviando a un'intesa tra le parti", fa sapere il capo delegazione vaticano.

Immediata la reazione di Israele che ha espresso "profonda delusione" per la decisione del Papa di concludere un accordo con lo Stato di Palestina. Le fonti, citate dalla stampa israeliana, si attendono chiarimenti dalla Segreteria di Stato. "Israele - proseguono le fonti - è deluso di sentire della decisione della Santa Sede di concordare un testo finale di accordo con i palestinesi che comprenda il termine "lo Stato di Palestina". Questa mossa non fa avanzare il processo di pace e non contribuisce a riportare la leadership palestinese al tavolo delle trattative bilaterali. Israele esaminerà l'accordo e soppeserà conseguentemente le proprie azioni" . Fatto sta che tra i punti programmatici del nuovo governo israeliano, pubblicati l'altro ieri, non esiste la trattativa con i palestinesi per raggiungere la soluzione dei due stati, come chiedono Barack Obama, l'Europa e la comunità internazionale. Domenica, al termine della sua intensa tre giorni nella Città eterna, il presidente dell'Anp assisterà alla canonizzazione delle due suore nate nella Palestina ottomana dell'ottocento: Marie Alphonsine Danil Ghattas di Gerusalemme e Mariam Baouardy della Galilea.