Gli antenati di Bezalel Smotrich gli avrebbero detto che sta mentendo

Il ministro israeliano ha negato l'esistenza di un'identità palestinese. La famiglia di suo nonno lo avrebbe rimbeccato.

Lorenzo Kamel, https://www.aljazeera.com/opinions/2023/3/30/bezalel-smotrichs-ancestors-would-have-told-him-he-was-lying?sf176324450=1, Pubblicato da Al Jazeera il 30 marzo 2023

Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha negato l'esistenza di un popolo e di una storia palestinese in un discorso tenuto a Parigi il 19 marzo.   Nato nel 1980 a Haspin, un insediamento nelle alture occupate del Golan, Smotrich ha svolto queste considerazioni leggendo da un leggìo avvolto in una bandiera che mostrava la Giordania, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza come parte di Israele. Sul palco, accanto a Smotrich, c'era anche una foto del fondatore del sionismo revisionista, Vladimir Jabotinsky.

Un secolo fa, nel novembre 1923, lo stesso Jabotinsky usò parole che sembrano indicare una concezione della Palestina molto diversa da quella delineata da Smotrich. "Non ci può essere alcun accordo volontario tra noi e gli arabi di Palestina [...] è assolutamente impossibile ottenere il consenso volontario degli arabi di Palestina per convertire la 'Palestina' da paese arabo in un paese a maggioranza ebraica", scrisse Jabotinsky. "Ogni popolazione autoctona del mondo resiste ai colonizzatori finché ha la minima speranza di potersi liberare dal pericolo di essere colonizzata".

Le parole di Jabotinsky ci ricordano che gli estremisti degli anni venti non avevano problemi a riconoscere l'esistenza dei palestinesi, né di quella che da molti secoli è conosciuta come Palestina. Al contrario, l'attuale ministro delle Finanze israeliano, la cui famiglia è di origine ucraina (Smotryc è il nome di una città dell'Ucraina occidentale), ha affermato che suo nonno, "che era la tredicesima generazione a Gerusalemme, era un vero palestinese".  Tredici generazioni corrispondono a circa 300 anni, se non di più. Ciò significa che, secondo l'albero genealogico fornito dallo stesso Smotrich, alcuni dei suoi antenati potrebbero aver conosciuto il mufti Khayr al-Din al-Ramli, un influente avvocato della Palestina ottomana del XVII secolo, che viveva nella città di Ramla da cui ha tratto il suo cognome.

I suoi antenati potrebbero anche aver conosciuto i  manoscritti di al-Ramlī (gli ebrei in Palestina parlavano arabo nella loro vita quotidiana) e nel concetto di "Filastin", che al-Ramlī chiamava "biladuna" ("la nostra patria"). Non sorprende che il termine Filastin fosse comunemente menzionato anche in opere molto più antiche, tra cui al-Uns al-Jalil bi-Tarikh al-Quds wa'l-Khalil (La gloriosa storia di Gerusalemme e di Hebron), scritto intorno al 1495 dal qadi di Gerusalemme Mujir al-Din, che usò l'espressione "'Ard Filastin" (la Terra di Palestina) 22 volte. Un testo dell'VIII secolo, attribuito allo studioso Abu Khalid Thawr Ibn Yazid al-Kalaai, sostiene che "il luogo più sacro della Terra è la Siria; il luogo più sacro della Siria è la Palestina; il luogo più sacro della Palestina è Gerusalemme [Bayt al-Maqdis]".

Riferimenti dettagliati alla Palestina, non necessariamente di natura strettamente religiosa, si trovano anche in una serie di altri manoscritti del IX e X secolo. "Filastin", scrive il geografo persiano al-Istakhri, "è la più fertile tra le province siriane". "Alla sua massima estensione [Filastin va] da Rafah ai confini di Al Lajjun (Legio), un viaggiatore avrebbe bisogno di due giorni per percorrerla in tutta la sua lunghezza; e [questo è anche] il tempo [necessario] per attraversare la provincia in tutta la sua larghezza da Jaffa a Riha (Gerico)", scriveva.

Ma chi è che viveva in questa terra nei secoli precedenti, insieme ad alcuni degli antenati di Smotrich?   Il primo censimento ufficiale in Palestina fu condotto dalle autorità britanniche nel 1922. Fu rilevata una popolazione totale di 757.182 individui, di cui 590.890 musulmani, 83.794 ebrei e 73.024 cristiani.  Le stime più attendibili del secolo precedente rivelano che nel 1800 la popolazione totale della Palestina contava 250.000 individui, raggiungendo i 500.000 nel 1890. Come ha osservato il demografo americano Justin McCarthy, dei 411.000 abitanti della Palestina nel 1860, la stragrande maggioranza era costituita da palestinesi sunniti, con importanti "minoranze" - in particolare cristiani, sciiti e drusi - presenti.

Utilizzavano la lira ottomana (prima del 1844, la moneta comune era il kurush), parlavano l'arabo e vivevano sparsi in 700 villaggi, dimostrando il loro legame con la terra "con la tenacia degli abitanti aborigeni", secondo le parole della scrittrice britannica Elizabeth Finn, moglie del console britannico a Gerusalemme a metà del XIX secolo.

I villaggi erano situati soprattutto nelle regioni collinari e montuose che si estendono da nord a sud tra la Galilea e Jabal al-Khalil (Hebron). Ciò è dovuto principalmente a ragioni di sicurezza e di salute: le regioni pianeggianti, come la zona costiera, erano più esposte alle periodiche incursioni dei beduini e alla proliferazione di malattie come la malaria.  Il resto della popolazione viveva in città miste - dove viveva anche la maggior parte degli ebrei di Palestina - come Gerusalemme, Haifa, Tiberiade, Giaffa e Safad. Oppure in città completamente non ebraiche come Nazareth, Shefaraam, Nablus (che nel XVIII e XIX secolo era la città più prospera della regione), Yaffa, Beisan, al-Lidd, Ramla, Ramallah, Bir al-Saba, Beit Jala, Jenin, Khan Younis, Gaza, Betlemme, Acca e Tulkarem.

Questi sono dati di storia che restano e non si possono far scomparire, né possono essere "cancellati", come è accaduto a 450 villaggi palestinesi nel 1948 e, più recentemente, come è stato proposto dallo stesso Smotrich in relazione al villaggio palestinese di Huwara.

Quindi, i programmi scolastici, le mostre e i musei possono davvero contribuire a far luce su questo passato ricco ma traumatico, con l'obiettivo di creare un dialogo simmetrico in una realtà asimmetrica.

Come scrive l'autrice Resmaa Menakem: "Il trauma in una persona, decontestualizzato nel tempo, diventa personalità. Il trauma in una famiglia, decontestualizzato nel tempo, diventa tratti della famiglia. Il trauma in un popolo, decontestualizzato nel tempo, diventa cultura".

Umanizzare e rendere visibili le esperienze e le cicatrici di queste precedenti generazioni di palestinesi musulmani, cristiani ed ebrei è ancora oggi l'antidoto più efficace ai tanti Smotrich del nostro tempo.

Lorenzo Kamel è professore associato di Storia all'Università di Torino e direttore degli Studi di ricerca dello IAI, Istatuto Affari Internazionali

Traduzione a cura di Claudio Lombardi, Associazione di Amicizia Italo-Palestinese