Gaza: i vari significati della parola 'zanana'

Haaretz.com
02.08.2010
http://www.haaretz.com/print-edition/features/ig-gaza-a-hamas-informer-and-a-uav-have-just-one-name 

 

A Gaza, un informatore di Hamas e un UAV ora hanno lo stesso nome.

I palestinesi hanno cominciato ad usare la stessa parola in gergo ‘zanana’ per indicare gli abitanti di Gaza che segnalano alle autorità di Hamas quello che la gente dice e fa.

di Amira Hass 

Nel gergo arabo, la parola ‘zanana’ sta per indicare un drone, un aereo senza pilota (Unmanned Aerial Vehicle – UAV). “Ci sono tre tipi di ‘zanana’ – il primo ci osserva e fotografa ogni m movimento di ogni persona; il secondo spara missili su di noi…” Così ha raccontato un funzionario del Ministero degli Affari dei Prigionieri a Gaza, un tempo roccaforte di Fatah. Sembrava molto serio mentre passava in rassegna i diversi tipi, ma quando è giunto al terzo tipo, i suoi occhi hanno brillato nel modo tipico di molti abitanti di Gaza: “E il terzo tipo, l’unico scopo del terzo tipo è quello di infastidirci, di farci venire il mal di testa,” mentre imitava abilmente il ronzio tipico dell’ultima mania postomoderna  (se  sono ancora aggiornata) del fare la guerra.

   

an unmanned drone

 


C’è un quarto tipo che il funzionario di Gaza ha dimenticato di citare. E’ tipicamente umano. Il senso dello humor dei residenti di Gaza non smette mai di sorprendere. Nei due anni trascorsi, hanno cominciato a utilizzare la parola in gergo ‘zanana’ per indicare anche quei gazani che riferiscono alle autorità di Hamas ciò che la gente dice e fa, con chi s’incontra, chi fa visita a loro e il fratello di chi se ne è andato a Ramallah. 

Il soprannome ‘zanana’, sembra, ha messo da parte la parola ‘waziz’ che era usata per definire coloro che svolgevano lo stesso compito di fornire informazioni all’Autorità Palestinese. La parola ‘waziz’ proviene da ‘waz’ che significa sia informare che ronzare. L’usanza e il soprannome sono un’eredità egiziana. 

Si utilizza ancora la parola ‘waziz’ per definire la gente che fornisce informazioni al governo di Ramallah e alle sue forze di sicurezza (ad esempio, chi ha cominciato a lasciarsi crescere una barba sospetta, o chi sta ricevendo uno stipendio da Ramallah, ma affitta anche la sua terra  per scavarvi un tunnel, e così via)? Questo è il problema che non sono stata in grado di chiarire ancora. Ma ciò che è sicuro è che nella West Bank non si usa la vecchia espressione di ‘waziz’ e non si è venuti a conoscenza di quella di ‘zanana’. 

Naturalmente, il fenomeno esiste. In un certo numero di negozi di caffè e di ristoranti, per esempio, qualcuno mi ha detto che ci sono camerieri il cui compito è quello di riferire ciò che accade e viene riferito alle autorità. Ma, per quanto la mia ricerca ha rivelato, non c’è alcun nome in gergo per esprimere il fenomeno degli informatori interni. Amil (agente) o jasus (spia) sono tra le parole di disprezzo più forti nell’arabo palestinese, usate  solo per indicare persone che passano informazioni all’occupante o lavorano con loro. 

Gli zananat spia, che si librano su Gaza, si possono vedere ad occhio nudo (durante l’Operazione Piombo Fuso qualcuno li ha paragonati a stormi di uccelli che piombano, come nel film di Hitchkock, e con esagerazione di maniera hanno affermato che “i cieli erano neri di zananat”,) ma talvolta essi sono soltanto percepiti durante le frequenti e fastidiose interruzioni delle trasmissioni televisive, in special modo nei momenti più interessanti ed emozionanti di un film. 

Un vecchio amico, Iyad, non può soffrire Hamas, ma concorda sul fatto che talvolta sembra che gli ‘zananat’ vengano inviati soltanto per infastidire la gente. Ricorda che durante il periodo dell’occupazione diretta, quando l’esercito e tutti i suoi reparti erano di stanza a Gaza, un poliziotto di frontiera aveva il compito di interrompere i film alla televisione gridando ad alta voce e in modo protratto, in particolar modo nei momenti più interessanti e durante il coprifuoco notturno, quando non c’era null’altro da fare se non evadere nel mondo che i film ti offrivano. 

Talvolta, con Iyad è difficile sapere quando sta scherzando e quando sta fornendo informazioni. Ha l’abilità di mostrare la realtà attraverso i suoi lati banali e persino ridicoli. Il balzo che ha fatto da vent’anni addietro o di più verso atteggiamenti di esasperazione ha delineato subito il tremendo salto tecnologico messo in opera per trasformare Gaza in un campo di concentramento sottoposto a costante vigilanza e controllo che sono sempre meno visibili, ma ancor più invasivi. Ogni momento di ciascuno dei suoi detenuti viene fotografato, documentato e trasferito  sugli schermi dei computer nelle stanze di controllo affollate di giovani e talentuosi uomini e donne israeliane che amano la vita. 

Talvolta i palestinesi hanno insistito a dire che ciò che ha ucciso i bambini del loro vicino di casa, ad esempio, che se ne stavano sul tetto della loro casa, o il missile che è piombato proprio accanto a loro mentre se ne stavano in giardino e li ha feriti, proveniva da un UAV. Lo sanno a causa del ronzio e della dimensione del missile, i piccoli pezzi di metallo che sono conficcati nelle pareti, il cratere che si è formato nel terreno o sul pavimento, che è molto più piccolo di quello fatto da un missile lanciato da un elicottero. Gli abitanti di Gaza, dopo tutto, hanno sperimentato tutti, o quasi tutti, i tipi di armi israeliane. 

Ma nessuno potrebbe dire che cosa ha ucciso in pochi minuti i 21 componenti della famiglia Samouni il 5 gennaio 2009, nel quartiere di Zeitoun. Alcuni dicono che è stata una granata sparata da tank sulla via principale. Alcuni sostengono che è stato qualcosa che è venuto dall’aria, certamente non un aeroplano che loro avrebbero udito. Più tardi un bulldozer dell’IDF ha distrutto l’intero edificio, con tutti i suoi corpi, per cui è risultato difficile identificare il proiettile. Ma che differenza può fare? Sono stati i soldati israeliani che hanno detto loro di radunarsi in una sola casa – donne, bambini, vecchi e gente di mezza età – e sono stati i soldati israeliani che hanno fatto fuoco su di loro. 

Due settimane fa, Yedioth Ahronoth ha riferito che la polizia militare sta conducendo un’indagine nei confronti del comandante della brigata Givati, il colonnello Ilan Malka, “per il sospetto che abbia autorizzato il far fuoco dall’aria” sui Samouni. L’enigma non è ancora risolto. Non si sa che tipo di fuoco è stato fatto dal cielo. Ma il reporter Yossi Yehoshua ha scritto anche che durante il rebriefing Malka ha affermato “ che era convinto che nascosti nell’edificio ci fosse un gruppo di terroristi che avevano sparato sulle nostre truppe e lui non sapeva che nell’edificio ci fossero dei civili.” 

E alla fine dell’udienza, Salah Samouni, uno dei sopravissuti all’attacco, mi ha raccontato: “Ce ne stiamo seduti a casa a guardare le immagini di coloro che sono stati uccisi, e li invidiamo.” 

(tradotto da mariano mingarelli)