Israele: i leader radicali premono per un attacco all'Iran

Haaretz.com
31.10.2011
http://www.haaretz.com/print-edition/opinion/israel-s-radical-leaders-forcing-an-attack-on-iran-1.392891

 

Israele: i  leader radicali premono per un attacco all’Iran.

La presenza americana in Iraq potrebbe invogliare i leader israeliani radicali a trascinare Washington contro la sua volontà in una guerra all’Iran, come l’obiettivo di un attacco. Di fronte alla storia, le forze della ragione devono premere sui freni 

di Sefi Rachlevsky 

In circostanze normali, l'establishment militare sta a destra nel sistema politico. La ragione è ovvia: la cantante vuole cantare, lo scrittore vuole scrivere, e il comandante di divisione intende mobilitare divisioni. Quando Moshe Dayan disse che avrebbe preferito trattenere cavalli al galoppo piuttosto che incitare muli indolenti, non si riferiva solo ai suoi generali. Si tratta di un modello comune sulla scena mondiale. Solo raramente per i militari i ruoli s'invertono,così che si trovano ad essere più misurati e cauti della leadership politica. Nella stragrande maggioranza questi casi – tutti, in pratica, e non solo negli anni ‘30 – si sono conclusi con un disastro. La causa è semplice: l’esercito non è istituito per fungere nel corso del tempo da freno ad una classe dirigente politica estremista.

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Purtroppo, Israele, nel colmo dell’inverno del 2011, si trova in questa insolita e pericolosa situazione. Questo vale anche per ciò che riguarda l’Autorità Palestinese: i vertici militari tutti, inclusi i leader attuali e quelli del passato, raccomandano di giungere a un compromesso con il Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas. Riconoscono il “miracolo” degli ultimi anni, con un governo che gode di una maggioranza nella West Bank e svolge un’azione decisiva contro il terrorismo. La classe dirigente politica di Israele, invece, procede coscientemente con i proclami del colono Avigdor Lieberman,  facendo tutto il possibile per ferire il nostro partner palestinese moderato. Si sa che l’unico modo per conservare le colonie e il loro mondo messianico sta nel rafforzare la leadership palestinese estremista, con la quale “ogni dialogo è impossibile”. 

Questo vale, a maggior ragione, per quanto riguarda l'Iran. Tutti i capi delle forze armate – il capo di stato maggiore, i leader del Mossad, dei servizi segreti militari e del servizio di sicurezza Shin Bet, e il capo della Commissione Energia Atomica, sia quello in carica, che quelli di un paio di generazioni addietro – si sono opposti accanitamente a colpire l’Iran ora. Ma due persone, il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak si ritengono in grado di trascinare per conto proprio l’intera nazione in una guerra lunga e con molte vittime. 

L’immagine della scorsa settimana è data dall’ultimo incontro di Netanyahu dopo la mezzanotte di domenica con il leader spirituale del partito religioso radicale Shas, il rabbino Ovaia Yosef, il leader del partito e ministro degli interni Eli Yishai e il ministro della edilizia abitativa e delle costruzioni Ariel Atias. I cellulari sono stati messi da parte come si conviene a un incontro riservato, e il braccio destro di Netanyahu, Natan Eshel, del campo nazional-religioso, è stato temporaneamente sloggiato dal suo nascondiglio vicino alla biblioteca. Non è stato il novantenne rabbino estremista che Netanyahu ha dovuto convincere della necessità di dover attaccare l’Iran ora, ma piuttosto gli ufficiali più alti in grado del paese, in servizio e in pensione, così come la maggioranza dei cittadini israeliani e gli amici di Israele in Occidente. 

Gente impegnata a negare, o che non si guarda allo specchio, si è lamentata della situazione in Tunisia, dove un partito islamico moderato ha conquistato il 41% dei seggi parlamentari e ha formato una coalizione con i partiti radicali e di sinistra. Ma oltre il 45% dei membri del parlamento israeliano ha visioni del mondo  religiose radicali, messianiche, antidemocratiche o razziste. Metti insieme i 23 seggi di Shas, Giudaismo Unito per la Totah, Habayit Hayehudi e la National Union; prendi Yisrael Beiteinu e metà dei parlamentari del Likud, come Danny Danon, Yariv Levin e compagnia. E, a differenza della Tunisia, nella coalizione non vi sono elementi "liberal". C’è un motivo perché il ministro della giustizia Yaakov Neeman ha dichiarato di star lavorando per far sì che la legge religiosa ebraica divenga legge di Israele, e perché la maggior parte dei collaboratori del primo ministro provengono  dal mondo religioso integralista sostenitore delle colonie, guastato da messianismo. 

A Barak piace parlare del terzo degli israeliani che prestano servizio nelle forze armate, lavorano e pagano le tasse. Quel terzo ha ora di fronte i missili e le previsioni di migliaia di vittime fatte dal ministro del fronte interno di difesa, Matan Vilnai. L’enorme e costoso rifugio nucleare che proteggerà tutti i ministri del governo e, forse, le loro famiglie e compari, non rientra tra le opzioni dei normali cittadini. Nè lo sono le protezioni che vengono approntate nelle colonie che non dovrebbero essere obiettivo dei missili. I siti  individuati nel centro di Israele come cimiteri di massa in condizioni di emergenza, per prevenire la diffusione di malattie, non sono certamente una soluzione allegra. 

C’è una possibilità minima che i rapporti che ci piovono dall’alto sulla possibilità di un intervento prima dell’inverno siano solo stiracchiati, con lo scopo di incutere al mondo il panico. Ma ci abituano pure all’idea di un attacco. Ancor peggio: la tentazione è di aggirare l’opporsi da parte della classe dirigente militare, attraverso  una decisione urgente, affrettata e interessata, presa “all’ultimo minuto prima che arrivino tante nuvole” – come la discussione con il rabbino Yosef. Nel frattempo, la presenza statunitense in Iraq potrebbe invogliare i leader israeliani radicali a trascinare Washington, contro la sua volontà, in una guerra, come l’obiettivo di un attacco. Di fronte alla storia, le forze della ragione devono premere sui freni. 

(tradotto da mariano mingarelli)