Perchè è il momento di discutere della soluzione dello Stato unico

+972Mag
18.09.2012
http://972mag.com/why-its-time-to-discuss-the-one-state-solution/56007/

 

Perché è il momento di discutere della soluzione dello stato unico

Laico, binazionale e altro ancora: ci sono molti modelli di uno stato unico che possono e devono essere discussi. Ma ciò che cosa sta diventando sempre più chiaro sia alla destra che alla sinistra è che la fattibilità della soluzione dei due Stati deve essere riconsiderata.

di Yoav Kapshuk

E' tempo di iniziare una discussione pubblica in merito agli accordi possibili e realistici per l'area compresa tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano.
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L'importanza della discussione non sta nel raggiungere un consenso sulla posizione di uno stato o due stati, ma piuttosto nella creazione di un'apertura attraverso la quale comprendere le complessità presenti nel cuore del conflitto israelo-palestinese. Tali complessità restano nascoste quando la discussione si concentra solo sulla possibilità di una soluzione a due stati. La discussione sulla soluzione dei due Stati si è esaurita negli ultimi anni perché ha ignorato o sottovalutato questioni fondamentali.

Una discussione su accordi possibili e realistici nella zona compresa tra il fiume e il mare si è tenuta l'anno scorso a una conferenza organizzata da The Public Sphere 6, la rivista del Dipartimento di Scienze Politiche all'Università di Tel-Aviv. Il dibattito continua nel sesto numero di The Public Sphere 6, un numero speciale pubblicato di recente con il titolo: "Uno Stato tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano - Realtà o sogno?" [Ebraico con abstract in inglese] Sebbene l'editoriale collettivo di The Public Sphere abbracci varie opinioni sugli accordi possibili e auspicabili tra il fiume e il mare, siamo d'accordo sull'importanza di esaminare le posizioni alla luce della realtà.

Esiste in questo conflitto particolare un divario enorme tra le dichiarazioni e le azioni: le dichiarazioni dei leader israeliani e palestinesi sul loro impegno a favore della soluzione dei due Stati è in contraddizione con gli atti di governi israeliani che minano la sua fattibilità. Questo divario tra le dichiarazioni e le azioni si manifesta nella definizione di Israele della propria presenza in Cisgiordania come una "situazione temporanea": da una parte, Israele non ha affermato la sovranità su questo territorio (al di là dei confini municipali allargati di Gerusalemme), dall'altra le sue continue attività civili e militari sembrano operare nell’ipotesi di una occupazione a tempo indeterminato. Come risultato delle azioni di Israele e della "occupazione permanente", la questione centrale che dovrebbe essere affrontata oggi è se la formazione di uno stato tra il fiume e il mare sia un'opzione realistica, o se la soluzione dei due stati sia ancora rilevante e possibile.

Fare i conti con questa domanda richiede una riflessione profonda sulla società israeliana e palestinese, in quanto entrambe sono cambiate nel corso degli ultimi due decenni, in particolare nel corso del processo di Oslo e del suo fallimento. Lo scopo degli Accordi di Oslo, almeno formalmente, è stato quello di separare la zona tra il mare e il fiume a due Stati sovrani. Dovremmo chiederci se il fallimento di Oslo indica che questa zona non può essere divisa, o se la spartizione è in realtà l'unico modo per raggiungere la riconciliazione tra israeliani e palestinesi.

Il fallimento di Oslo come processo transitorio dimostra la necessità di accelerare la spartizione, finché è ancora possibile? Oppure il fallimento di Oslo nel dividere la terra significa che la soluzione dello stato unico è l'unica opzione realistica? Inoltre, la soluzione dello stato unico non è un monolite e dobbiamo considerare quali delle sue forme sono rilevanti e applicabili. Dobbiamo pensare in termini di uno Stato democratico, laico e liberale o di un stato bi-nazionale con due (o più) gruppi etnici centrali? Oppure queste opzioni portano, in ultima analisi, ad una forma oppressiva di egemonia nazionale di ebrei o palestinesi? E inoltre, è possibile sostenere il principio bi-nazionale e contemporaneamente sostenere la spartizione della Palestina mandataria? Quale tipo di accordo potrebbe porre fine al conflitto israelo-palestinese? Queste sono le domande che dovrebbero guidare l'opinione pubblica e il dibattito accademico.

È importante notare che il sostegno e l'opposizione alla soluzione dei due Stati - e alla soluzione dello stato unico - si possono trovare in movimenti politici e ideologici diversi e contrastanti. Le correnti di centro, sia della sinistra che della destra israeliana, sostengono la soluzione dei due Stati, almeno ufficialmente. Questa soluzione è ancora appoggiata dall'Autorità Palestinese. D'altra parte, negli ultimi anni, sempre più leader e personaggi pubblici della destra israeliana (come Moshe Arens e Reuven Rivlin) e della sinistra (tra cui Meron Benvenisti, Haim Hanegbi e Avraham Burg) sono giunti a dubitare della fattibilità della soluzione dei due stati, e alcuni si sono espressi a favore di uno stato.

Solo pochi giorni fa, il giornalista Nahum Barnea di Yedioth Ahronoth si è unito a coloro che sono giunti a dubitare della rilevanza di una soluzione a due stati. Minacce di ritirare il sostegno alla soluzione dei due Stati vengono anche da parte dei leader dell'Autorità Palestinese come Saeb Erekat - anche se è ragionevole ritenere che alcune affermazioni siano effettivamente destinate a fare pressione sulle parti per raggiungere un accordo su due stati.

Come detto, ci sono vari modelli per le soluzioni a uno e a due stati. Dobbiamo essere consapevoli della varietà e soprattutto dei pericoli dei modelli antidemocratici. Tuttavia, qui si trova la vitalità di questa discussione: la creazione di una consapevolezza pubblica del divario tra le dichiarazioni e gli atti, un divario che esiste a causa di 45 anni di strategie di occupazione temporanea e ambiguità per quanto riguarda gli obiettivi reali della politica israeliana. Solo quando la società israeliana aprirà uno spazio per questo tipo di discussione sarà in grado di affrontare la sua ignoranza e la cecità nei confronti del conflitto israelo-palestinese, che è il problema principale che ha avuto un impatto sulla società fin dalla sua istituzione.

Yoav Kapshuk è il curatore dell’edizione speciale di The Public Sphere 6.. I redattori capo della rivista sono Yoav Peled e Michael Kochin

(tradotto da barbara gagliardi)