Il figlio di Abu Hamdiya accusa l'ANP di tradimento

Il figlio di Abu Hamdiya accusa l’ANP di tradimento
 

Maysara Abu Hamdiya è morto, legato ad un letto dell’ospedale Saroka. Aveva 64 anni. È la seconda volta in meno di due mesi che un prigioniero palestinese muore in carcere. Arafat Jaradat è stato torturato fino a morire nella prigione di Megiddo il 23 febbraio.

di Linah Alsaafin

Sul mio articolo di ieri (lunedì 1 aprile, ndr. http://electronicintifada.net/content/dying-prisoner-treated-cruelly-israeli-doctors-over-many-years/12329) potete trovare informazioni sulla vita e la resistenza all’occupazione israeliana di Abu Hamdiya e dettagli su come le autorità carcerarie israeliane hanno ritardato il trattamento medico contro il cancro per mesi. Oggi mi sono svegliata con un messaggio e-mail di Tariq Abu Hamdiya, il figlio più grande che studia in Virginia, che mi ringraziava per aver parlato del caso di suo padre.

                           

Palestinesi nella città di Ramallah protestano per la morte di Maysara Abu Hamdiya (Foto: Issam Rimawi/APA images)

 Quando sono arrivata nel mio ufficio stamattina, ho ricevuto la notizia che Maysara era morto. Seppur non fosse così inatteso, è stato comunque un pugno allo stomaco. In un articolo del quotidiano Ayyam di oggi si riporta il commento del ministro per gli Affari dei Prigionieri dell’Autorità Palestinese, Issa Qaraqe, che dice che ci sono altri 25 prigionieri malati di cancro in prigione. Ziad Abu-Ein, vice ministro dei Prigionieri, ha detto in conferenza stampa che “Israele non è affatto impegnato nella salvaguardia dei prigionieri”.

Due facce della stessa medaglia

Come ha commentato un mio amico, “il solo pensiero di aver un ministro per i Prigionieri è un’idea malata”. Ventidue prigionieri hanno cominciato uno sciopero della fame il 31 marzo nella prigione di Eshel, in solidarietà con Maysara Abu Hamdiya. Sono stati aggrediti con bastoni e gas lacrimogeni e posti in isolamento dalle autorità carceraria per farli smettere. Un altro amico ha sarcasticamente twittato: “La Terza Intifada è già cominciata?”
.

Siamo stati testimoni delle proteste esplose per la morte di Muhammad al-Salaymeh ad Hebron, lo scorso anno, ucciso il giorno del suo compleanno, il 17 dicembre da un poliziotto di frontiera. Abbiamo visto le proteste scoppiate ancora ad Hebron per l’uccisione di Arafata Jaradat. Queste ondate di rabbia – con le proteste monitorate da vicino dalle forze di sicurezza dell’ANP e dall’intelligence – si sono spente velocemente come sono nate.

E noi ci ritroviamo – sia chi è in prigione che chi è “libero” – in silenzio. Usiamo i social media come piattaforma per denunciare con furia il ruolo di collaborazione che l’ANP gioca nell’assicurare ad Israele la sicurezza a spese del nostro popolo. Ma restiamo in silenzio sul terreno, senza aiuto e persi nel mare della complicità dell’ANP. E i prigionieri – che sprecano la loro giovinezza dietro le sbarre, lontano dai loro cari, e utilizzano ogni arma che hanno, dallo sciopero della fame alla disobbedienza, per resistere all’occupante – sembrano essere più liberi di noi.

Non c’è dubbio che la strada per la liberazione passa attraverso la Muqata, il sede dell’ANP. L’Autorità Palestinese e Israele sono le due facce della stessa medaglia. Entrambi vanno annientati.

“Non senza aiuto”

Il 15 marzo Tariq Abu Hamdiya ha registrato un messaggio diretto alla leadership palestinese, è uno dei più eloquenti e duri attacchi verbali inviati all’ANP. Ho tradotto il messaggio con l’aiuto di Yasmine Hamayel:

“Non dovete pensare che il caso di Maysara sia una questione umanitaria. Maysara è una questione nazionale.

 

Maysara è una questione nazionale come la causa palestinese. Non sarà risolto fino a quando la leadership non sarà dissolta. Maysara non è il caso di un prigioniero o di un malato. Maysara è il caso di un governo e di un’autorità che giorno e notte dicono ‘siamo senza aiuto’ – un’autorità senza aiuto di fronte ad ogni questione nazionale. Ogni questione ha un suo valore. È senza aiuto di fronte alle colonie. Lo è per Gerusalemme, per i rifugiati. Di fronte all’occupazione. Di fronte alla corruzione.


All’improvviso questa leadership non è più debole quando deve picchiare la gente. Il nostro Stato è incapace di liberare un prigioniero, ma non è debole quando mi picchia per aver partecipato ad una manifestazione per Gaza.

Non è debole quando invia due veicoli della sicurezza per impedire alla gente di combattere contro l’occupazione ogni volta che l’occupazione commette un crimine. Non è debole quando arriva per confiscare armi o tunnel della resistenza. Non è debole quando ottiene permessi per ‘sua eminenza’ o ‘sua eccellenza’ (questo governatore o quel comandante).


Maysara è la causa di una leadership che è affondata nell’umiliazione. È la leadership che ha continuato a fare il bagno nel benessere della corruzione e è annegata nell’umiliazione per così tanto tempo che implementa gli accordi di Oslo in ogni suo dettaglio. Allo stesso tempo, questa leadership non è intervenuta per liberare un solo ufficiale dei tanti che hanno servito questo Paese. Il caso di Maysara è chiaro in un elemento: tutti i dialoghi per la riconciliazione non sono altro che bugie. Le forze di sicurezza dell’AP che Maysara ha servito lo hanno lasciato in prigione senza mandargli un avvocato perché c’era una parola nel suo file: Hamas.


Maysara morirà. Che muoia in prigione o in un bosta (un veicolo blindato usato per trasferire i prigionieri) o durante la conta dei detenuti che si svolge cinque volte al giorno nelle carceri israeliane, sapeva dal principio che sarebbe morto. E morirà di una morta dignitosa e onorevole. Ma la sua morte svergognerà quelli che si definiscono leader: la sua morte svergognerà tutti noi.


È vergognoso al punto che vorresti gettare nella spazzatura i libri sulla storia dell’Islam. È una disgrazia al punto che Abdallah (il servo di Dio)è diventato AbdelRateb (lo schiavo del salario) e ha paura di parlare o mostrare la sua faccia. Ascolterà cosa dico e lo digerirà con difficoltà, spaventato di parlare per paura che il governo gli si rivolga contro.

 

Nauseabondo. Le divise degli ufficiali, le scorte, i convogli. La prosa servile è stomachevole. I prigionieri e in particolare i figli di Fatah non sono niente se non propaganda per le elezioni. E quando il voto è passato, tornate al vostro ufficio con l’aria condizionata mentre il prigioniero resta in cella.


Avete trasformato i prigionieri detenuti dalle forze di sicurezza in zerbini nel tentativo di convincere la gente che siete rispettabili esseri umani dopo aver arrestato un giovane patriota o quando vi trovate in mezzo allo scandalo.


Non affronterete mai la corruzione, le denunce, perché voi siete i corrotti. Non affronterete mai l’occupazione, perché siete diventati parte dell’occupazione. Non sarete mai capaci di liberare un prigioniero, perché voi stessi non siete liberi.


Grazie. A causa vostra i nostri sogni sono passati dalla liberazione e la patria alla richiesta di dare una pillola ad un prigioniero malato. Grazie. Grazie per aver trasformato Fatah in un meccanismo volto solo a sfruttare le elezioni, i festival, i meeting. Dio vede tutto e sa cosa fate”.

 

(tradotto a cura di Palestina Rossa)