Fonti anonime: "Il gas di Ghouta era dei ribelli"

MPN – Mint Press News
29.08.2013

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Fonti anonime: "Il gas di Ghouta era dei ribelli"

Alcuni residenti e ribelli di Ghouta raccontano una storia diversa da quella ufficiale. Il ruolo dietro le quinte dell'Arabia Saudita.

di Dale Gavlak e Yahya Ababneh

Ghouta (Siria),29 agosto 2013 - Mentre la macchina militare americana accelera il passo dopo l'attacco con armi chimiche della scorsa settimana, gli Stati Uniti e i suoi alleati potrebbero prendere di mira il colpevole sbagliato.

 

Conduciamo interviste con persone di Damasco e Ghouta, quartiere della capitale siriana, dove l'associazione umanitaria Medici Senza Frontiere ha detto che almeno 355 persone sono morte per quello che sembra un agente neurotossico. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia - insieme alla Lega Araba - hanno accusato il regime siriano del presidente Bashar al-Assad di aver portato avanti l'attacco con armi chimiche, avendo principalmente per target dei civili. Le navi da guerra statunitensi sono dispiegate sul Mar Mediterraneo per lanciare un attacco militare contro la Siria, come forma di punizione per l'uso di armi chimiche. Gli Stati Uniti non sono interessati ad esaminare prove contrarie: il segretario di Stato John Kerry ha detto lo scorso lunedì che la colpevolezza di Assad è "un giudizio ormai chiaro al mondo".

Tuttavia, dopo varie interviste ai medici, ai residenti di Ghouta, ai ribelli e alle loro famiglie, emerge un quadro diverso. Molti ritengono che alcuni ribelli abbiano ricevuto armi chimiche tramite il capo dell'intelligence saudita, il principe Bandar bin Sultan, e siano responsabili dell'attacco chimico.

"Mio figlio è venuto da me due settimane fa chiedendo cosa pensavo delle armi che gli era stato chiesto di trasportare", dice Abu Abdel-Moneim, padre di un ribelle anti-Assad di Ghouta. Abdel-Moneim racconta che suo figlio e altri 12 ribelli sono stati uccisi dentro un tunnel usato per nascondere le armi fornite da un militante saudita, conosciuto come Abu Ayesha, capo di un battaglione. İl padre descrive le armi: avevano una "struttura a tubo" e assomigliavano ad una "grande bottiglia di gas".

İ residenti di Ghouta raccontano che i ribelli usavano le moschee e le case private per dormire e nascondevano le armi dentro i tunnel. Abdel-Moneim dice che suo figlio e gli altri ribelli sono morti durante un attacco chimico. E che lo stesso giorno, il Fronte al-Nusra, collegato ad Al Qaeda, aveva annunciato che ci sarebbe stato un attacco simile contro civili nella roccaforte del regime di Assad, Latakia, lungo la costa Sud, con il pretesto di una rappresaglia. "Non ci hanno detto che armi fossero o come sarebbero state usate - spiega una combattente, K - Non sapevamo si trattasse di armi chimiche. Non lo avremmo mai immaginato. Quando il principe Bandar consegna questo tipo di armi alla gente, dovrebbe darle a chi sa come usarle". Lei, come altri siriani, non usa il suo vero nome per timore di ripercussioni.

Un noto leader dei ribelli di Ghouta, J, è d'accordo: "Il Fronte al-Nusra non coopera con gli altri ribelli, eccetto per le battaglie. Non condividono le loro informazioni segrete. Usano solo i ribelli per trasportare e usare questi materiali. Eravamo molto curiosi. E sfortunatamente, alcuni combattenti hanno usato le armi in maniera sbagliata e sono esplose".

İ medici che hanno soccorso le vittime dell'attacco chimico ci hanno detto di essere cauti nel fare domande su chi, esattamente, è stato il responsabile del sanguinoso attacco. Medici senza Frontiere ha aggiunto che gli operatori sanitari che hanno aiutato 3.600 persone hanno riportato sintomi simili, come bava alla bocca, difficoltà respiratorie, convulsioni e vista offuscata. İl gruppo non è stato in grado di verificare le informazioni.

Una dozzina di ribelli ha poi raccontato di ricevere un salario dal governo saudita.

Il coinvolgimento dell'Arabia Saudita

İn un recente articolo per Business Insider, il reporter Geoffrey Ingersoll ha spiegato il ruolo del principe saudita Bandar in due anni e mezzo di guerra civile in Siria. Molti osservatori ritengono che Bandar, che ha stretti legami con Washington, sia tra i più strenui sostenitori di una guerra contro Assad. Ingersoll fa riferimento ad un articolo dell'inglese Daily Telegraph sui rapporti tra Arabia Saudita e Russia: Bandar avrebbe offerto al presidente russo Putin petrolio a basso presso in cambio di un intervento contro Assad.

"Bandar ha affermato di poter salvaguardare la base navale russa in Siria se il regime di Assad dovesse cadere, ma ha anche minacciato attacchi terroristici ceceni durante le Olimpiadi Invernali a Sochi se si giunge ad un accorso - scrive Ingersoll - 'Posso darvi la garanzia di proteggere le Olimpiadi del prossimo anno. İ gruppi ceceni che minacciano la sicurezza dei giochi sono controllati da noi', avrebbe detto Bandar ai russi. İnsieme a funzionari sauditi, gli Stati Uniti avrebbero dato al capo dell'intelligence saudita il via libera a dialogare con la Russia, non certo una sorpresa. Bandar è stato educato in America, sia a livello militare che scolastico, è stato ambasciatore saudita negli Stati Uniti e la CIA lo ama alla follia".

Secondo il quotidiano Independent, è stata l'agenzia del principe Bandar che per prima ha accusato il regime di usare gas chimici, a febbraio. Il Wall Street Journal ha recentemente scritto che la CIA ha compreso quando fosse "seria" l'Arabia Saudita sulla necessità di far cadere Assad, mentre il re saudita ha scelto Bandar per portare avanti il progetto.

"Erano convinti che il principe Bandar, veterano degli intrighi diplomatici di Washington e del mondo arabo, potesse giungere dove la CIA non riusciva: aerei carichi di armi e denaro e wasta (in arabo, clientelismo)". Bandar ha permesso l'avanzata dei principali obiettivi di politica estera dell'Arabia Saudita, scrive WSJ, ovvero la sconfitta di Assad e dei suoi alleati, Iran e Hezbollah.Per farlo, Bandar ha lavorato perché Washington organizzasse un programma di addestramento dei ribelli in una base militare in Giordania.

İl quotidiano riporta del suo incontro con "giordani preoccupati per la base": "I suoi incontri ad Amman con il re giordano Abdullah duravano a volte anche otto ore. Il re scherzava: 'Oh Bandar viene di nuovo? Lasciamo liberi due giorni per l'incontro", racconta una fonte vicina al re".

La dipendenza finanziaria giordana dall'Arabia Saudita ha probabilmente dato potere ai sauditi. Un centro operativo in Giordania , comprensivo di pista di atterraggio e magazzini per le armi, ha iniziato a lavorare nell'estate del 2012. Sono arrivati gli AK-47 forniti dai sauditi e munizioni, riporta il WSJ, citando funzionari arabi. Sebbene l'Arabia Saudita abbia ufficialmente dichiarato di sostenere solo i ribelli moderati, il quotidiano scrive che "finanziamenti ed armi venivano consegnati ai più radicali, semplicemente per contrastare l'influenza dei rivali islamisti sostenuti dal Qatar". Ma alcuni ribelli intervistati dicono i militanti di Al Qaeda si riferivano a Bandar come "il nostro amore".

Peter Oborne del Daily Telegraph ha avvertito della fretta americana di punire il regime di Assad con un attacco "limitato", non per rovesciare il leader siriano ma per diminuirne la capacità di usare armi chimiche: "Considerate questo: i soli beneficiari di tale atrocità sono i ribelli, che stanno perdendo la guerra e che ora hanno Gran Bretagna e Stati Uniti pronti a intervenire per loro. Se c'è un piccolo dubbio sul fatto che le armi chimiche siano state effettivamente usate, è in dubbio anche chi le abbia usate. È importante ricordare che Assad è stato accusato di aver utilizzato gas chimici contro civili già prima. Ma in quell'occasione Carla del Ponte, commissario Onu in Siria, ha concluso che probabilmente i responsabili erano i ribelli e non Assad".

*Non è stato possibile verificare in maniera indipendente alcune informazioni contenute in questo articolo.

(Tradotto in italiano dalla redazione di Nena News)

Dale Gavlak è corrispondente per il Medioriente del Mint Press News. Ha scritto articoli e reportage per l'Associated Press, la NPR e la BBC. E' considerato un esperto di situazioni del Medio Oriente di cui descrive gli aspetti politici, sociali ed economici. Detiene un Master in Studi sul Medio Oriente dell'Università di Chicago.

Yahya Ababneh è un giornalista freelance giordano che ha scritto servizi sulla Giordania, Libano, Arabia Saudita, Russia e Libia