Il carcere come università: il movimento dei prigionieri palestinesi e la pubblica istruzione.

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Il carcere come Università : il movimento dei prigionieri palestinesi e la Pubblica Istruzione

di Khaled al-Azraq

Vorrei iniziare dicendo che il ruolo del movimento dei prigionieri palestinesi nell'educare i propri quadri, contribuendo così alla "educazione nazionale" palestinese, è un argomento importante degno di molta più attenzione e discussione. Come prigioniero politico palestinese che ha passato gli ultimi 20 anni nelle carceri israeliane vorrei evidenziare alcune delle caratteristiche generali della lotta del movimento dei prigionieri per costruire un sistema di istruzione collettiva come parte centrale dello sviluppo di una cultura patriottica e rivoluzionaria che possa diventare un pilastro del movimento di liberazione.

                            

 

 Prigionieri palestinesi che scrivono i loro esami scientifici tawjihi nella prigione militare di Ofer, 2004. Getty

È stato in età precoce che ho cominciato a capire l'occupazione e la mia condizione di persona sotto occupazione. Alcune delle mie prime interazioni con l'occupazione riguardarono delle conversazioni ascoltate in famiglia, per esempio su come a mio fratello maggiore non fosse stato permesso di entrare in Giordania a causa del suo "file di sicurezza" predisposto dalle forze di occupazione. Ho imparato il significato dell’occupazione nei fin troppo frequenti giorni di coprifuoco imposto sul nostro campo profughi. Qualunque domanda facessi su questi tempi difficili ricevevo sempre la stessa risposta : "è Israele, è l'occupazione ." Poco a poco ho imparato il significato di “Palestina” attraverso le storie sulla Nakba e sui primi anni difficili di esilio narrate da mio padre e da mia nonna. Mi sono innamorato della Palestina attraverso le storie di "El - blad", o "vita reale " come mia nonna usava chiamarle, ricordi dei tempi prima della Nakba. In quei giorni di immersioni nelle storie dei miei anziani - alla fine del 1970 - non avevo altra fonte attraverso la quale conoscere la Palestina se non quelle storie e le poche parole pronunciate segretamente da un insegnante che così rischiava di perdere il suo posto di lavoro e i mezzi di sussistenza, nelle mani del comandante militare di quartiere, se quest'ultimo lo avesse scoperto. 

Nei primi anni ottanta , la società palestinese si trasformò in un vulcano di proteste contro il tentativo del regime israeliano di imporre le "leghe di villaggio", una sorta di leadership politica che avrebbe sostituito i dirigenti comunali eletti e l'Organizzazione di Liberazione della Palestina. Questo periodo di proteste cambiò la mia vita. Sono diventato parte attiva del crescente movimento popolare. Il mio attivismo non si limitava alla partecipazione a scioperi, manifestazioni e proteste, perché avevo iniziato il processo politico di auto-educazione permanente. Questo è stato più difficile di quanto possa sembrare. Cercare libri sulla storia politica palestinese e la colonizzazione sionista della Palestina richiedeva grande impegno e discrezione; tutti questi libri erano stati vietati da Israele e la maggior parte era stata bruciata o confiscata dall'esercito. Era molto difficile trovare un libro sulla Palestina e i palestinesi anche se si trattava di un romanzo di Ghassan Kanafani o un libro di poesie di Mahmoud Darwish. Soddisfeci la mia sete di questi testi consumando i libri segreti e gli opuscoli che, può sembrare strano, non erano manuali di istruzioni per la fabbricazione di esplosivi, ma scritti letterari, politici e storici di vari autori palestinesi e internazionali che ci passavamo segretamente da una persona all'altra. Se un soldato israeliano ci avesse trovato con uno di quei testi molto probabilmente saremmo finiti in prigione. 

In quegli anni ho nutrito il mio fervore rivoluzionario con canti patriottici. Amavo particolarmente le composizioni di Marcel Khalifa e Ahmad Qa'bour e la voce di Muthaffar al- Nuwwâb che recitava le sue poesie. Anche i nastri con registrazioni di musica patriottica, come le loro controparti stampate, erano illegali a dimostrazione di quanto gli israeliani fossero preoccupati. Registravamo queste canzoni su nastri con canzoni d'amore straniere nel caso in cui un soldato avesse deciso di verificare. Fu attraverso queste canzoni e poesie vietate che imparai il significato della lotta per la libertà, il senso di solidarietà internazionale e di come la vittoria di uno può essere la vittoria di tutti. 

Nonostante la durezza e la difficoltà di quei giorni, mi mancano. Oggi, dopo due decenni di isolamento in prigione, dico "se solo potessi rivivere quei giorni!" 

Fui imprigionato nel 1982, all'età di sedici anni. In prigione trovai quello che non mi aspettavo di trovare: all'interno del carcere trovai quello che non riuscivo a trovare fuori. In prigione trovai un’università palestinese politica, rivoluzionaria, nazionale. Fu in prigione che mi resi conto che la conoscenza è ciò che spiana la strada alla vittoria e alla libertà. 

In prigione, attraverso una lunga e ardua lotta, il movimento dei prigionieri riuscì a vincere e ad ottenere il diritto a una biblioteca. I membri del movimento dei prigionieri riuscivano, con modi ingegnosi, a far entrare nelle carceri israeliane libri di contrabbando con mezzi che le guardie carcerarie israeliane non sono mai stati in grado di scoprire. Il movimento organizzava sistematicamente all'interno del carcere workshop, seminari e corsi per istruire i prigionieri su ogni argomento importante che si possa immaginare. Ogni giorno il prigioniero che aveva il ruolo di "bibliotecario" passava fra le diverse celle e sezioni e i prigionieri scambiavano il libro che avevano appena finito con quello che avrebbero subito iniziato. Il bibliotecario aveva il "registro della biblioteca", un registro dei libri disponibili in biblioteca e dei libri che ogni prigioniero aveva richiesto. 

Parlare di questo mi ricorda uno dei momenti più memorabili della biblioteca della prigione. Avevamo scoperto che il movimento era riuscito a contrabbandare “Uomini sotto il sole” di Ghassan Kanafani nella vecchia prigione di Nablus. Noi tutti facevano a gara per mettere il nostro nome sulla lista delle persone che volevano leggere il libro e l'attesa fu di settimane! Più volte abbiamo fatto delle copie di libri ricercati come questo. Naturalmente, le copie venivano fatte con carta e penna e mi ricordo la copia de “Il movimento nazionale palestinese” di Naji Aloush di cui facemmo cinque copie scritte a mano. Ricordo che tutti facevamo a gara per i libri di Gabriel García Márquez e di Jorge Amado, Tolstoj e Dostoevskij, Hanna Mina , Nazim Hikmet e molti, molti altri. 

Attraverso la volontà e la perseveranza dei prigionieri, la prigione fu trasformata in una scuola, una vera e propria offerta di istruzione universitaria in letteratura, lingue, politica, filosofia, storia e altro ancora. I laureati di questa università eccellevano in vari campi. Ricordo ancora le parole di Bader al- Qawasmah, uno dei miei connazionali che incontrai nella vecchia prigione di Nablus, nel 1984, che mi disse , "prima della prigione ero un portiere che non sapeva né leggere né scrivere. Ora, dopo 14 anni di carcere, scrivo in arabo, insegno l'ebraico ,e traduco dall'inglese." Ricordo le parole di Saleh Abu Tayi’ [profugo palestinese in Siria che fu prigioniero politico nelle carceri israeliane per diciassette anni prima di essere rilasciato in uno scambio di prigionieri del 1985] che mi raccontava le storie avvincenti delle operazioni di contrabbando di libri, di pezzi di carta e dei tubi di inchiostro delle penne portate avanti dai detenuti. 

I prigionieri trasmettevano agli altri quello che sapevano e imparavano in modo organizzato e sistematico. In poche parole, l'apprendimento e la trasmissione delle conoscenze e la comprensione sia della Palestina che generale, era considerato un dovere patriottico necessario a garantire la costanza e la perseveranza nella lotta per difendere i nostri diritti contro il sionismo e il colonialismo. Non vi è dubbio che il movimento dei prigionieri politici palestinesi ha svolto un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’istruzione nazionale palestinese. 

(tradotto da barbara gagliardi
per Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus)