Le sanzioni europee colpiscono solo le colonie, ma non lo stato di Israele.

The Electronic Intifada
16.12.2013

http://electronicintifada.net/content/eu-sanctions-israeli-settlements-not-state-created-them/13012

Le sanzioni europee colpiscono solo le colonie ma non lo stato di Israele

All’inizio di quest’anno l’Unione Europea ha adottato alcune linee guida in cui si fa una distinzione tra lo Stato di Israele e le sue “entità” presenti nei Territori Palestinesi occupati dal 1967. Le linee guida dichiarano quest’ultime non idonee per i finanziamenti e le sovvenzioni europee a partire dal 2014.

di Ameer Makhoul

Di primo acchito la decisione presa dall’Unione Europea dà l’impressione di un cambiamento fondamentale, essenziale e positivo nell’approccio europeo nei confronti della Palestina e delle conseguenti politiche adottate.

 La risoluzione sembra lanciare un segno contro l’occupazione ma in realtà serve a legittimare il sistema coloniale israeliano, la forza che sta dietro all’occupazione, incluse le sue “entità”. 

Le colonie sono un risultato inevitabile della politica israeliana, profondamente radicata nella società israeliana e nelle strutture governative, semi-governative e non-governative. 

Tutti gli insediamenti sono supportati dalla legge e dal sistema legale israeliani, rappresentano delle imprese di stato strategiche e sono considerate il pilastro di Israele. Secondo la legge israeliana, tali “entità” sono considerate legali e sono giustificate,  sono protette dallo stato e godono di qualsiasi servizio, ad ogni livello. 

Priorità nazionale” 

Le colonie vengono trattate dal governo esattamente come i siti presenti in Israele oggi, ma in aggiunta godono di alcuni benefici specifici. Tra gli altri ci sono affitti più bassi, l’inserimento nel budget governativo sotto la dicitura “alta priorità nazionale” e una politica di sgravi fiscali volta all’incentivare il trasferimento nelle colonie. 

Nel frattempo la polizia israeliana è al servizio dei coloni e si occupa del mantenimento dell’ordine pubblico (invece dell’esercito). Nelle colonie sono presenti tribunali civili; i coloni non sottostanno quindi al sistema giudiziario militare come invece accade agli abitanti della Cisgiordania oppressi dal controllo amministrativo e militare israeliano. 

La politica colonizzatrice degli insediamenti in Cisgiordania non è stata adottata dopo l’occupazione del 1967, ma è il risultato dell’occupazione del 1948, della Nakba e della pulizia etnica a scapito dei palestinesi. Un esempio è la città di Nazareth Illit, che si trova oggi all’interno dei confini dello Stato di Israele, la quale fu costruita su della terra confiscata alla città di Nazareth e ad altri otto villaggi limitrofi. C’è poca differenza con Ma’ale Adumim, ubicato su terra palestinese rubata in Cisgiordania. 

Israele è un paese sviluppato e ricco, è membro dell’OCSE e il governo è intenzionato a trattare i coloni e gli insediamenti in cui vivono alla stregua, se non meglio, di Tel Aviv e Haifa. 

Boicottate tutto lo stato 

Lo stato di Israele ha le risorse necessarie per riuscire a finanziare qualsiasi progetto che non venga finanziato dall’Unione Europea. 

La cosiddetta Linea Verde, che segna il confine tra Israele e la Cisgiordania, non esiste agli occhi degli israeliani. Israele è un’entità governativa, un sistema orientato all’ideologia sionista coloniale a tutti i livelli. Limitare le “sanzioni” europee alle colonie significa, di fatto, giustificare il sistema coloniale e la natura coloniale dello stato. Significa legalizzare il sistema. 

La presa di posizione europea può sembrare positiva, ma dietro alla facciata, dietro alle parole incoraggianti, è chiaro che miri a delegittimare le colonie e allo stesso tempo a legittimare lo stato coloniale. 

Il boicottaggio e le sanzioni contro lo stato di Israele e la sua struttura, colpire il sistema al cuore e non solo una parte degli esiti della sua politica è l’unico modo per avere un impatto reale. 

Non si avrà mai una pace giusta con questo atteggiamento dell’Unione Europea. 

Ameer Makhoul è un leader della società civile palestinese e un prigioniero politico, attualmente imprigionato nella prigione di Gilboa. 

(tradotto da Palestina Rossa)