Mohammed Allen in fin di vita

Mohammed Allen in fin di vita

L’avvocato palestinese, in carcere da novembre e che digiuna da 60 giorni contro la “detenzione amministrativa”, ieri mattina ha perduto coscienza facendo temere il peggio. I leader del Jihad Islami avvertono: «Dovesse morire reagiremo con forza»

di Michele Giorgio - Il Manifesto

Gerusalemme, 15 agosto 2015, Nena News – Le con­di­zioni dell’avvocato pale­sti­nese Moham­med Allan, incar­ce­rato lo scorso novem­bre da Israele e in scio­pero della fame da due mesi, erano peg­gio­rate qual­che giorno fa. Ieri mat­tina ha per­duto coscienza, facendo temere il peg­gio. Nel pome­rig­gio i medici dell’ospedale Bar­zi­lai di Ash­ke­lon, dove Allan è rico­ve­rato da alcuni giorni, sono riu­sciti a sta­bi­liz­zare le sue con­di­zioni. Ma in serata era cosciente solo in parte.

La noti­zia ha subito fatto il giro dei Ter­ri­tori occu­pati pale­sti­nesi susci­tando rea­zioni forti. A comin­ciare dal Jihad Islami, orga­niz­za­zione di cui Allan sarebbe un sim­pa­tiz­zante o, come sostiene Israele, un mili­tante a tutti gli effetti. Sino ad oggi però i ser­vizi segreti israe­liani non hanno pro­dotto alcuna prova con­creta a soste­gno di que­sta tesi. «Dovesse morire Allan, il Jihad rea­girà con forza e non si sen­tirà più vin­co­lato ad alcun accordo per il man­te­ni­mento della calma», ha fatto sapere l’organizzazione isla­mi­sta, rivol­gen­dosi non solo al governo Neta­nyahu ma anche ad Hamas che, stando alle voci che girano, avrebbe rag­giunto die­tro le quinte un’intesa con Israele per evi­tare nuove esca­la­tion bel­li­che. Un accordo che il movi­mento isla­mico ha impo­sto alle altre for­ma­zioni pale­sti­nesi pre­senti a Gaza.

Il caso di Moham­med Allan è seguito da tutta la popo­la­zione pale­sti­nese. Mani­fe­sta­zioni e raduni si sono svolti ovun­que. Venerdì mat­tina a Geru­sa­lemme, durante le pre­ghiere isla­mi­che, decine di pale­sti­nesi hanno scan­dito slo­gan sulla Spia­nata delle moschee per chie­dere la sua libe­ra­zione imme­diata. Altri si sono radu­nati davanti all’Ospedale Bar­zi­lai. Per con­tra­stare le pro­te­ste pale­sti­nesi è scesa in campo la destra israe­liana più radi­cale. Mer­co­ledì scorso un lea­der dei coloni, Baruch Mar­zel, ha gui­dato una con­tro­ma­ni­fe­sta­zione per bloc­care 200 avvo­cati pale­sti­nesi che in strada, poco lon­tano, espri­me­vano soli­da­rietà al loro collega.

Ori­gi­na­rio di Eina­bus (Nablus), Allan attua uno scio­pero della fame totale da 60 giorni, per pro­te­stare con­tro la “deten­zione ammi­ni­stra­tiva”, senza pro­cesso e capi di accusa pre­cisi, che lo tiene in car­cere in Israele dallo scorso novem­bre. Ha rifiu­tato qual­siasi trat­ta­mento medico, vita­mine o mine­rali, spie­gando che l’unica cosa di cui ha biso­gno è la libertà. Una nuova legge appro­vata dalla Knes­set per­met­te­rebbe al governo di chie­dere al per­so­nale medico del Bar­zi­lai di ali­men­tarlo con forza. Ma il comi­tato etico dei medici israe­liani si oppone ad una misura che i cen­tri per i diritti umani descri­vono come una forma di tor­tura. Per que­sto al Bar­zi­lai non sono andati oltre la som­mi­ni­stra­zione endo­ve­nosa di far­maci salva-vita e solu­zioni saline che non lo hanno ali­men­tato, rispet­tando il volere che il dete­nuto aveva espresso nei giorni scorsi. Le con­di­zioni di Moham­med Allan restano cri­ti­che, la madre lo con­si­dera già uno sha­hid, un “mar­tire”. Ha per­duto in parte la vista a causa del lungo digiuno. Dovesse morire in car­cere, i Ter­ri­tori pale­sti­nesi occu­pati si tra­sfor­me­ranno in campi di battaglia.

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