Il grande riallineamento

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MEDIORIENTALE

La newsletter sul Medio Oriente a cura di Francesca Gnetti. 30.3.22

Il 28 marzo si è svolto in Israele un summit inedito che riflette il cambiamento dei rapporti di forza in Medio Oriente e le nuove relazioni tra lo stato ebraico e il mondo arabo. A Sde Boker, una cittadina nel deserto del sud, dov’è sepolto il padre fondatore e primo premier d’Israele David Ben-Gurion, il ministro degli esteri Yair Lapid ha accolto i suoi colleghi di Bahrein, Marocco, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. I primi tre paesi hanno normalizzato i rapporti diplomatici con Israele nel 2020, mentre Il Cairo era stato il primo a farlo nella regione già nel 1979. Al primo incontro a riunire così tanti leader arabi sul suolo israeliano ha partecipato anche il segretario di stato statunitense Antony Blinken.

Le discussioni si sono concentrate su come creare un’infrastruttura regionale per la sicurezza in grado di difendere i paesi da alcune minacce, in primo luogo l’Iran, hanno riferito fonti diplomatiche. Inoltre si è parlato della guerra in Ucraina e di come convincere gli alleati statunitensi nella regione ad adottare una linea più dura nei confronti di Mosca.

Secondo il New York Times, il summit evidenzia “un grande riallineamento delle alleanze mediorientali, motivato dai timori condivisi sul nucleare iraniano, dalle preoccupazioni comuni sul ritiro della presenza statunitense in Medio Oriente, da un desiderio di migliorare i legami economici, militari e commerciali, e dalla diminuzione dell’impegno per uno stato palestinese da parte di alcuni leader arabi”. Il quotidiano statunitense sottolinea che mentre le opinioni pubbliche dei paesi arabi sembrano opporsi all’idea di normalizzare i rapporti con Israele prima della creazione di uno stato palestinese, il summit suggerisce che invece per i governi le ricompense che derivano dalla cooperazione con Tel Aviv hanno un peso maggiore del “costo potenziale di scontentare le opinioni pubbliche”. Inoltre il vertice conferma l’intenzione di Israele di porsi come “canale” tra Washington e alcuni paesi arabi nella crisi ucraina. Yair Lapid ha annunciato che è stato deciso di rendere l’evento un “forum permanente”.

Da sinistra verso destra: i ministri degli esteri di Bahrein, Egitto, Israele, il segretario di stato statunitense e i ministri degli esteri di Marocco ed Emirati Arabi Uniti. Sde Boker, Israele, il 28 marzo 2022

Una fase delicata Lo stesso giorno del vertice, il 28 marzo, il re di Giordania Abdullah II ha visitato il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah, in Cisgiordania, per la prima volta dal 2017. Il giorno prima anche Blinken aveva avuto un colloquio con Abu Mazen, a cui aveva ribadito il sostegno statunitense per la soluzione dei due stati e per un aumento degli aiuti ai palestinesi. Blinken aveva anche incontrato a Gerusalemme il primo ministro israeliano Naftali Bennett, poi risultato positivo al covid-19.

In un commento su Haaretz Sheren Falah Saab scrive che l’incontro organizzato da Israele “non interessa la nuova generazione di palestinesi, giovani uomini e donne che hanno perso la speranza nei loro leader e nella politica occidentale e araba, che continua a insabbiare i veri problemi”. In ogni caso la tempistica del summit non è casuale e s’inserisce in un momento particolarmente delicato per il Medio Oriente. Un nuovo accordo sul nucleare iraniano sembra essere alle battute finali, i ribelli sciiti huthi dello Yemen, sostenuti da Teheran, hanno intensificato gli attacchi alle infrastrutture saudite e in molti temono l’inasprirsi delle tensioni tra israeliani e palestinesi a causa di una rara convergenza di festività tra il Ramadan (il mese sacro dei musulmani che comincia il 2 aprile), il Pesach (una festa ebraica che si svolge tra il 15 e il 22 aprile) e la Pasqua.