Il progetto di costruzione dello Stato di Israele si sta sgretolando dall’interno

PUBBLICATO IL19/05/2023INVICTA PALESTINA

La rovina di Israele non sarà un attacco da parte di Stati arabi o sanzioni internazionali. Piuttosto, i suoi leader hanno creato un mostro che non possono più domare.

Fonte: English version
Di Jonathan Cook – 17 maggio 2023

Mentre Israele celebra il suo 75° anniversario, il progetto di costruzione dello Stato che ha consolidato nel 1948 espellendo 750.000 palestinesi dalla loro Patria sta mostrando i primi segni di disfacimento.

La sorpresa è che i mali di Israele non scaturiscono, come temevano generazioni dei suoi leader, da forze esterne, un attacco combinato da parte di Stati arabi o pressioni della comunità internazionale, ma dalle contraddizioni interne di Israele.

I leader israeliani hanno creato gli stessi problemi per i quali ovviamente non hanno gli strumenti per risolvere. Il bombardamento di Gaza del Primo Ministro Benjamin Netanyahu nei giorni scorsi, che ha ucciso decine di palestinesi, dovrebbe essere inteso in questa luce. È un’ulteriore indicatore della crisi interna di Israele.

Ancora una volta, i palestinesi vengono usati in un frenetico tentativo di sostenere un’unità “ebraica” sempre più fragile.

L’annoso problema di Israele è sottolineato dall’attuale aspro scontro sul piano di Netanyahu per una cosiddetta riforma giudiziaria. La popolazione ebraica israeliana è spaccata a metà, e nessuna delle due parti è disposta a fare marcia indietro.

Giustamente, ognuno vede il confronto in termini di una questione irrisolvibile.

E dietro a questo c’è un sistema politico in una paralisi quasi costante, con nessuna delle due parti in grado di ottenere una maggioranza stabile in Parlamento. Israele è ora impantanato in una sottile guerra civile permanente.

Per capire come Israele sia arrivato a questo punto e dove probabilmente si dirigerà dopo, è necessario approfondire la storia delle origini del Paese.

Racconto morale

La versione ufficiale è che Israele è stato creato per necessità: per servire come rifugio sicuro per gli ebrei in fuga da secoli di persecuzioni e dagli orrori dei campi di sterminio nazisti in Europa.

La conseguente Pulizia Etnica dei palestinesi e la cancellazione di centinaia di loro città e villaggi, ciò che i palestinesi chiamano la loro Nakba, o Catastrofe, è o mistificata o presentata semplicemente come un disperato atto di autodifesa da parte di un popolo a lungo perseguitato.

Questo colossale atto di espropriazione, aiutato e favorito dalle potenze occidentali, è stato reinventato per il pubblico occidentale come un semplice racconto morale, come una storia di redenzione.

L’istituzione di Israele non è stata solo un’opportunità per il popolo ebraico di ottenere l’autodeterminazione attraverso lo Stato in modo che non avrebbe mai più subito persecuzioni. Gli ebrei avrebbero anche costruito da zero uno Stato che offrisse al mondo un modello più virtuoso di società.

Ciò attingeva chiaramente, anche se in modo subliminale, a una visione del mondo occidentale di derivazione cristiana che guardava alla Terra Santa per la salvezza.

Gli ebrei avrebbero ristabilito quel luogo come “luce per le nazioni” “riscattando” la terra che avevano rubato ai palestinesi e offrendo un percorso attraverso il quale anche gli occidentali avrebbero potuto riscattarsi.

Quel modello è stato incarnato dai kibbutz: centinaia di comunità agricole, affamate di terra ed esclusivamente ebraiche, costruite sulle rovine dei villaggi palestinesi. Lì, una forma di vita strettamente egualitaria consentirebbe agli ebrei di prosperare lavorando la terra per “giudaizzarla”, spogliandola di ogni persistente contaminazione araba. Molte migliaia di occidentali si sono precipitati in Israele per fare volontariato in un kibbutz e partecipare a questo progetto di trasformazione.

Ma la storia ufficiale non è mai stata altro che un gioco di pubbliche relazioni. Non c’era nulla di egualitario o di redentivo nel kibbutz, nemmeno per gli ebrei che vivevano nel nuovo Stato di Israele.

In realtà è stato un modo intelligente per i governanti israeliani di mascherare il furto di massa della terra palestinese e consolidare una nuova divisione religiosa, etnica e di classe tra gli ebrei.

Gerarchia del privilegio

I fondatori di Israele provenivano prevalentemente dall’Europa centrale e orientale. David Ben-Gurion, il primo Primo Ministro israeliano, è immigrato dalla Polonia. Questi ebrei europei erano conosciuti all’interno di Israele come Ashkenaziti. Fondarono il sistema dei kibbutz e mantennero queste comunità fortificate, che sarebbero poi diventate un modello per gli insediamenti nei Territori Occupati, in gran parte interdette a chiunque non fosse come loro.

I kibbutz erano letteralmente comunità recintate, in cui i comitati di controllo decidevano chi poteva viverci e guardie armate presidiavano l’ingresso per tenere fuori tutti gli altri. Ciò significava in particolare i palestinesi, ovviamente, ma si applicava anche agli ebrei dei Paesi del Medio Oriente che furono reclutati, con riluttanza dall’élite Ashkenazita, durante gli anni ’50 per la guerra demografica del nuovo Stato Ebraico contro i palestinesi.

Questi “ebrei arabi” sono stati identificati in Israele come i Mizrahi, un termine che li ha utilmente spogliati delle loro identità originarie, come ebrei iracheni, marocchini o yemeniti,e li ha raggruppati in una casta differenziata dagli Ashkenaziti. Oggi i Mizrahi costituiscono circa la metà della popolazione ebraica di Israele.

I kibbutz non erano solo bei posti in cui vivere, con i loro ampi spazi per case e giardini, ma erano l’incubatrice per allevare una nuova élite Ashkenazita disciplinata e rigorosa: i ranghi più alti dell’esercito, una grande amministrazione governativa, una classe imprenditoriale, e la magistratura.

Questa élite, che aveva più da perdere dalla lotta dei palestinesi contro il furto della loro Patria, ha utilizzato il sistema scolastico per radicare il “nazionalismo ebraico” antipalestinese e antiarabo che era il sionismo.

E, per paura che gli ebrei degli Stati arabi potessero sviluppare un’affinità con i palestinesi e allearsi con loro, l’istitutivo ha coltivato nei Mizrahi un sionismo che richiedeva l’odio per il proprio retaggio culturale, linguistico e nazionale.

Gli Ashkenaziti dominavano tutti i livelli della società israeliana, mentre i Mizrahi erano spesso trattati con disprezzo e razzismo e relegati ai lavori più umili.

Gli Ashkenaziti si aspettavano di corrompere i Mizrahi ponendoli al di sopra e in diretta competizione con i palestinesi per le risorse. Tuttavia, nonostante alcuni Mizrahi alla fine siano riusciti a entrare nelle classi medie, questa gerarchia di potere ha generato un enorme risentimento tra la seconda e la terza generazione.

Ha anche consolidato una divisione politica, con il Partito Laburista che ha fondato Israele visto come un partito di privilegio Ashkenazita e il suo principale rivale, il Partito Likud, come la voce dei Mizrahi oppressi.

Rimostranze manovrate

Netanyahu, che è stato a fasi alterne Primo Ministro del Likud dal 1996, comprendeva bene questa divisione, anche se era lui stesso Ashkenazita. Nel corso degli anni è diventato estremamente abile nell’armare questi storici risentimenti dei Mizrahi a proprio vantaggio.

Le manipolazioni politiche di Netanyahu, il suo sfruttamento del risentimento dei Mizrahi, hanno parallelismi con il successo del miliardario Donald Trump nello sfruttare i risentimenti della classe operaia bianca attraverso la sua campagna Make America Great Again (Rendere Nuovamente Grande l’America).

Il Likud e i suoi alleati religiosi di estrema destra non sono così impegnati nella riforma giudiziaria semplicemente per tenere Netanyahu fuori di prigione nel suo processo per corruzione. È facile per loro criticare l’alta magistratura perché questo gruppo privilegiato e non eletto di nominati in gran parte Ashkenaziti ha alla fine il potere di decidere questioni che preservano i privilegi Ashkenaziti e sono ora considerati fondamentali per l’identità Mizrahi.

Un accademico Mizrahi ha recentemente esposto alcune delle storiche rimostranze della comunità contro i tribunali, anche in materia di alloggi, con l’uso di sfratti arbitrari contro i Mizrahi per riqualificare i quartieri nel centro del Paese; il continuo mistero sulla scomparsa di molte migliaia di bambini Mizrahi nei primi anni dello Stato, forse in modo che potessero essere segretamente adottati da coppie Ashkenazite senza figli; l’invio forzato di bambini Mizrahi in collegi, una politica simile a quella usata contro aborigeni australiani e nativi americani; e regolari confische di proprietà da parte di tribunali speciali per la riscossione che prendono di mira le comunità Mizrahi indebitate.

L’alta magistratura simboleggia per molti Mizrahi l’ingiustizia della divisione di classe etnico-religiosa ebraica di Israele, e diffamare i suoi membri è il modo più semplice per l’estrema destra di espandere e mobilitare ulteriormente i suoi principali bacini elettorali.

Le attuali proteste nelle grandi città israeliane sono davvero quello che sembrano: una battaglia per chi domina la pubblica piazza. I Mizrahi non sono più disposti a essere relegati in secondo piano.

Coloni fanatici

L’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi nel 1967 e la spinta agli insediamenti che ha scatenato hanno aggiunto un ulteriore livello di complessità a questi processi sociali ed economici in corso, intensificando il fanatismo religioso e il nazionalismo antipalestinese.

L’impresa di insediamento è stata avviata dai leader Ashkenaziti del Partito Laburista, ma ben presto è stata identificata come un programma politico del Likud.

Ciò era in parte dovuto al fatto che l’élite laica Ashkenazita aveva pochi incentivi a guidare personalmente la campagna di colonizzazione contro i palestinesi in Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza. Questa classe dirigente era al sicuro nelle loro vite agiate e di successo all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti di Israele.

Giovani israeliani, protetti da guardie armate, al lavoro in un kibbutz nel deserto del Negev, 14 dicembre 1955 (AFP)

Così i fanti dell’insediamento, a differenza dei “pionieri” del kibbutz, erano spesso reclutati dalle comunità più emarginate: i Mizrahi; i fondamentalisti religiosi noti come Haredi (ci sono sia ali Ashkenazite che Mizrahi); e una successiva ondata di immigrati di lingua russa dall’ex Unione Sovietica.

Un incentivo economico era la terra e gli alloggi a buon mercato disponibili negli insediamenti. Le case erano grandi e convenienti perché costruite su terreni rubati ai palestinesi.

Inoltre gli insediamenti potevano espandersi senza costi: i funzionari israeliani dovevano solo imporre un ordine militare per espellere i palestinesi, oppure potevano delegarlo ai coloni stessi, permettendo loro di terrorizzare i palestinesi.

Ciò avrebbe dovuto rispecchiare l’esperienza Ashkenazita dopo la Nakba, quando le famiglie acquisirono la terra in massa dai palestinesi sottoposti a Pulizia Etnica.

Vittoria miracolosa

Fu, tuttavia, molto più difficile contenere gli impulsi religiosi che coincisero con la spinta agli insediamenti nei Territori Occupati e la conseguente resistenza a qualsiasi compromesso territoriale con i palestinesi.

La vittoria di Israele nel 1967 contro i suoi vicini arabi e la successiva occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme, con i loro numerosi siti strettamente associati alla Bibbia, furono facilmente interpretate da coloro che avevano anche il più modesto retaggio religioso come un miracolo, un riconoscimento divino del diritto del popolo ebraico di colonizzare ulteriore terra palestinese, o “rivendicare un diritto di nascita biblico”.

Gli insediamenti venivano spesso stabiliti vicino a siti di significato biblico, come un modo per diffondere e migliorare il sentimento religioso tradizionale. Ciò rafforzò il fanatismo con cui i coloni erano pronti a colludere con il progetto militare-statale di Pulizia Etnica dei palestinesi.

Tale fanatismo è stato accentuato da un sistema educativo che non solo ha segregato una minoranza palestinese indesiderata in Israele dagli ebrei, ma anche tra ebrei ed ebrei.

I bambini Ashkenaziti frequentavano per lo più scuole laiche, ma che li riempivano di fervore nazionalista e antipalestinese, mentre i bambini Mizrahi spesso finivano in scuole religiose statali che inculcavano in loro un fanatismo ancora maggiore rispetto ai loro genitori.

L’effetto complessivo è stato che i fondamentalisti religiosi degli Haredi, dei Mizrahi religiosamente conservatori e della comunità laica russa sono diventati tutti più apertamente nazionalisti e antipalestinesi. Questo cambiamento di atteggiamento si è diffuso oltre i Territori Occupati, interessando anche i membri di queste comunità all’interno di Israele.

Di conseguenza, la moderna destra israeliana combina sentimenti religiosi e ultranazionalisti in misura incendiaria. E dati i tassi di natalità più elevati tra i Mizrahi e gli Haredi, è probabile che l’influenza politica di questo blocco ultranazionalista continui a crescere.

Nuovo blocco di potere

Nonostante l’intensificarsi della divisione ebraica in Israele, gli Ashkenaziti non sono più immuni al razzismo anti-palestinese dei Mizrahi. Le proteste che dilaniano Israele non riguardano il benessere dei palestinesi. Riguardano chi può dettare la visione di ciò che è Israele e quale ruolo gioca la religione in quella visione.

Il Partito di coalizione del Sionismo Religioso che ha riportato al potere Netanyahu alla fine dell’anno scorso, ora il terzo più grande in Parlamento, personifica il nuovo blocco di potere emergente messo in moto dai fondatori Ashkenaziti di Israele.

La sua forza motrice è Itamar Ben-Gvir, i cui genitori sono originari dell’Iraq. Ben-Gvir, che guida l’ala più fanatica e criminale del movimento dei coloni, sembra prepararsi a uno scontro testa a testa con i vertici militari e i servizi segreti israeliani sulla politica di sicurezza del Paese, soprattutto in relazione agli insediamenti e alla vulnerabile minoranza palestinese in Israele.

Il peso ideologico del movimento viene da Bezalel Smotrich, i cui nonni sono immigrati dall’Ucraina e il cui padre era un rabbino ortodosso. Netanyahu ha dato a Smotrich il controllo combinato sia sulle finanze pubbliche che sul governo di Occupazione che detta la politica amministrativa nei confronti dei coloni e dei palestinesi.

Entrambi gli uomini sono stati storicamente associati all’uso della violenza per promuovere i propri obiettivi politici.

Ben-Gvir, condannato nel 2007 per istigazione al razzismo e sostegno a un’organizzazione terroristica, è stato filmato mentre minacciava violentemente e partecipava ad attacchi contro i palestinesi.

Smotrich, nel frattempo, è stato arrestato nel 2005 durante le mobilitazioni per ritirare i coloni da Gaza come parte del cosiddetto disimpegno di Israele, in possesso di centinaia di litri di benzina. I servizi di sicurezza israeliani credevano che stesse tramando per far saltare in aria un’importante arteria stradale a Tel Aviv.

Per decenni, la dirigenza Ashkenazita ha presunto che la destra religiosa, in particolare i Mizrahi e gli Haredi, avrebbe accettato il loro status inferiore nella gerarchia ebraica di Israele fintanto che fossero stati comprati con privilegi sui palestinesi.

Ma la destra religiosa ora brama qualcosa di più del diritto di opprimere i palestinesi. Vogliono il diritto di plasmare anche il carattere ebraico di Israele.

Il fervore religioso che l’istitutivo Ashkenazita sperava di usare come arma contro i palestinesi, specialmente attraverso l’impresa degli insediamenti, si è ritorto contro. È stato creato un mostro che sempre più non può essere controllato, nemmeno da Netanyahu.

Jonathan Cook è vincitore del Premio Speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. I suoi libri includono “Israele e lo Scontro di Civiltà: Iraq, Iran e il Piano per Ricostruire il Medio Oriente” (Pluto Press) e “Palestina Scomparsa: Gli Esperimenti di Israele Nella Disperazione Umana” (Zed Books).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

https://www.invictapalestina.org/archives/48869